Page 79 - Rassegna 2020-1-Supplemento
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LA CONFIGURAZIONE DEL DANNO PATRIMONIALE NELLE IPOTESI
                            DI TRUFFA MILITARE SULLE INDENNITÀ DI MISSIONE

                  Al riguardo, era stato osservato in motivazione che «[…] una volta stabili-
             to che si tratta di missione superiore alle ventiquattro ore, e che è più vantag-
             gioso per l’Amministrazione il regime forfetario, non è in alcun modo possibile
             sostenere che detti “rientri” abbiano l’effetto ravvisato dai primi giudici […] in
             quanto il rientro nella sede di servizio distante più di novanta minuti di viaggio
             dalla sede della missione non potrebbe essere imposto dall’Amministrazione al
             militare […]». I giudici avevano, in proposito, rilevato che in base alla normativa
             in vigore: «[…] il dipendente inviato in missione deve rientrare giornalmente in
             sede qualora la natura del servizio lo consenta e la località della missione non
             disti, dalla sede di servizio, più di novanta minuti di viaggio con il mezzo più
             veloce.» Secondo la citata sentenza, quindi, «[…] la scelta del militare in missio-
             ne di rientrare nella propria residenza, e di far ritorno in sede il mattino dopo,
             non può determinare la cessazione del regime forfetario. Quest’ultimo, in veri-
             tà, costituisce un omnicomprensivo ristoro per il disagio cui è sottoposto il mili-
             tare inviato in missione, che non può essere diversamente parametrato - meno
             che  mai  per  ravvisare  una  truffa  -  per  la  stessa  ragione  per  la  quale  non  si
             potrebbe  contestare  all’interessato  di  essersi  fatto  ospitare  sul  posto  da  un
             parente o da un amico, invece di affrontare la spesa di vitto e alloggio, così
             sostanzialmente  conseguendo  un’obiettiva  utilità  economica.  A  ben  vedere,
             infatti,  le  due  situazioni  sono  sostanzialmente  equivalenti  dal  punto  di  vista
             delle implicazioni economiche, con l’unica differenza che il pernottamento o la
             fruizione dei pasti avvengono presso la propria residenza».
                  In definitiva, le condotte in esame erano apparse ai giudici dell’appello
             delle forme di “elusione” delle logiche economiche sottostanti al trattamento
             economico forfetario di missione, che potevano essere considerate moralmente
             riprovevoli, e anche disciplinarmente rilevanti, ma che non attingevano l’ambito
             penale. Ciò detto in ordine al momento iniziale della missione, la Corte Militare
             di Appello aveva posto in rilievo che a diverse conclusioni si doveva, invece,
             pervenire riguardo alla determinazione del momento conclusivo della missione,
             che solitamente non è prevedibile in anticipo e, dunque, è necessariamente affi-
             data alla dichiarazione del militare interessato.
                  Si notava in motivazione, sul punto, che l’orario di cessazione della mis-
             sione incide sulla durata della stessa, sicché una dichiarazione del militare


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