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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE


                    Anche su tale aspetto si è accesa in sede processuale un’articolata dialet-
               tica circa l’individuazione della disposizione penale applicabile, che ha visto
               contrapposte la tesi di chi ravvisa gli estremi del reato di cui falso di cui all’art. 220
               c.p.m.p. e quella di coloro che, obiettando che detto reato militare sanziona
               soltanto il falso materiale e non anche quello ideologico, ritengono integrato
               un reato comune (quello previsto dall’art. 480 c.p. - Falsità ideologica commes-
               sa  dal  pubblico  ufficiale  in  certificati  o  in  autorizzazioni  amministrative ,
                                                                                         (10)
               ovvero dell’art. 483 c.p. - Falsità ideologica commessa dal privato in atto pub-
               blico).
                    Questione di non poco momento , dato che la scelta della seconda via
                                                      (11)
               comporta la parallela trattazione di due processi, uno presso l’autorità giudiziaria
               militare (quello per la truffa di cui all’art. 234 c.p.m.p.) e l’altro presso l’autorità
               giudiziaria ordinaria per il reato comune di falso, stante il disposto dell’art. 13
               c.p.p. In qualche caso la difesa degli imputati ha ritenuto ravvisabile il reato di
               cui all’art. 479 c.p. - Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti
               pubblici,  chiedendo  la  trasmissione  integrale  degli  atti  all’autorità  giudiziaria
               ordinaria per connessione, ai sensi della menziona disposizione del codice di
               rito (ad esempio nel procedimento citato nella nota n. 9).
                    Conclusivamente va osservato che, al di là degli esiti processuali, le vicen-
               de sopra illustrate hanno evidenziato che la disciplina del trattamento di missio-
               ne forfetario risulta inappagante, perché lascia ampi spazi per condotte elusive
               e devianti, dai possibili risvolti penali. In effetti, una previsione normativa fina-
               lizzata a contenere la spesa pubblica e, nel contempo, a non lasciare inappagata
               l’aspettativa di un adeguato ristoro per il militare impegnato in missione fuori
               sede, nella sua attuazione pratica - sia pure in un numero contenuto di casi,
               stando almeno ai riscontri giudiziari - è stata distorta e piegata al perseguimento
               di un profitto personale, peraltro attraverso strumentali e connesse condotte di
               ulteriore rilevanza penale, quali quelle dell’apposizione di false dichiarazioni sul
               foglio di viaggio, come dianzi ricordato.

               (10)  In tal senso Cass., Sez. I, sent. n. 47926/2017 del 24 agosto 2017 (dep. 18 ottobre 2017) e
                    Cass., Sez. I, sent. n. 53607/2017, cit.
               (11)  Sul tema si vedano le stimolanti considerazioni contenute nel contributo di G. ROLANDO,
                    Riflessioni sul reato di “falso in foglio di licenza, di via e simili”, in RASSEGNA  DELL’ARMA  DEI
                    CARABINIERI, n. 2/2017, pagg. 305 e ss.

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