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IL REATO DI INGIURIA TRA MILITARI SUPERA L’ESAME DELLA CORTE COSTITUZIONALE

                  Prima di tirare le fila del discorso e di esprimere una opinione in ordine
             alla condivisibilità o meno della pronuncia della Corte costituzionale, appare
             necessario specificare che, se si fosse in presenza di fatti che non hanno “alcuna”
             connessione con gli interessi militari (ad esempio una condotta di ingiuria com-
             messa da un militare nei confronti di un non militare) non vi sarebbe il presup-
             posto minimale per la configurazione di un reato militare. Perché sia legittimo
             qualificare una violazione come reato militare occorre comunque, anche nei
             reati offensivi in via principale della persona, una concorrente e significativa
             lesione dell’interesse militare ed un collegamento, quindi, per quanto estrinseco,
             con l’area degli interessi militari.
                  Nel caso dell’art. 226 c.p.m.p., il requisito minimo che consente di ravvi-
             sare una offesa ad interessi militari, per quanto in termini di accessorietà rispet-
             to all’offesa alla persona, per i fatti che non trovino ragione in cause attinenti al
             servizio o alla disciplina, o che comunque siano commessi al di fuori delle situa-
             zioni richiamate dall’art. 199 c.p.m.p., è costituito dalla circostanza che, oltre al
             soggetto  attivo,  anche  la  persona  offesa  dal  reato  deve  essere  un  militare.
             Sussiste pertanto un interesse militare, per quanto secondario, ad assicurare che,
             nei rapporti fra militari, non siano mai superati, nemmeno nelle occasioni della
             vita privata, quei limiti di civile convivenza la cui violazione può determinare
             conseguenze tali da ripercuotersi potenzialmente anche nelle relazioni attinenti
             al servizio.
                  Da questo punto di vista, la parte della sentenza della Corte costituzionale
             ove si legge “l’art. 226 c.p.m.p. copre anche, ovviamente, i fatti d’ingiuria com-
             messi tra militari di pari grado, quando in nessun modo ricollegabili all’area
             degli interessi connessi al servizio e alla disciplina”, sembra travalicare il pensie-
             ro della Corte, meglio espresso in altri passaggi della sentenza, ad esempio dove
             si afferma che “i fatti di ingiuria commessi tra militari di grado diverso non inte-
             grano i reati di cui agli artt. 189 e 196 c.p.m.p. allorché risultino collegati in
             modo del tutto estrinseco all’area degli interessi connessi al servizio e alla disci-
             plina militare”.
                  Non si pensi che si voglia eccedere nel sottilizzare su questioni apparen-
             temente nominalistiche: mentre il collegamento, anche se estrinseco, con l’area
             degli interessi militari vale comunque a giustificare la qualificazione di un fatto


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