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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE
si esuli dallo stretto ambito della disciplina e del servizio militare, è disagevole
sostenere che la “specialità” possa comunque assurgere a parametro atto a giu-
stificare degli eventuali trattamenti discriminatori ;
(5)
- nel caso di specie, in cui il reato comune è stato abrogato, la affermazio-
ne di specifiche esigenze di specialità porterebbe ad ammettere la possibilità di
continuare ad incriminare delle condotte slegate dal riferimento al servizio o
alla disciplina militare, e volte unicamente a violare delle regole di comporta-
mento relative al comune senso civico, ritenendosi implicitamente che un’ordi-
nata convivenza rappresenti un’esigenza quasi ineludibile per un’Istituzione,
quale quella militare, finalizzata all’espletamento di compiti fondamentali per il
Paese;
- analogo discorso dovrebbe valere per altri settori, come quello della
scuola, della sanità, della giustizia, così come con riguardo alla possibile insor-
genza di ingiurie di natura sessista: tali condotte devono essere ovviamente cen-
surate, ma simili considerazioni dovrebbero tuttavia riguardare un più ampio
contesto, essendo comunque le donne in condizioni di vulnerabilità, e come tali
maggiormente esposte a divenire vittime di determinate tipologie di reati;
- viene ravvisata la necessità di abbandonare definitivamente una visione
delle Forze Armate in chiave di separatezza, in quanto il loro operato risulta
ispirato agli stessi valori di fondo che connotano l’intera collettività nazionale:
la conservazione della “specialità” deve essere garantita, laddove essa si riveli
strumentale rispetto a determinati interessi meritevoli di tutela, ma al contem-
po occorre evitare forme di ingiustificata discriminazione rispetto alla restante
collettività.
(5) Cfr. RIVELLO, op. cit., pag. 195, il quale ricorda come una questione analoga a quella in oggetto
era stata posta alla Corte costituzionale in relazione al reato di lesione personale di cui all’art. 223
c.p.m.p. e al riguardo era stata lamentata la sottoposizione alla disciplina penale militare ed alla
conseguente cognizione della giurisdizione militare, stante la loro qualificazione come reati
militari, di una serie di illeciti caratterizzati dalla presenza di elementi di collegamento estre-
mamente ridotti con gli interessi militari. La Corte costituzionale, con la decisione n. 298 del
1995, dichiarò inammissibile la questione, affermando che «nello scegliere il tipo di illecito, militare
o comune, il legislatore resta […] libero, purché osservi il canone della ragionevolezza»: in quel caso il pro-
blema era peraltro rappresentato dalla necessità di mantenere una tendenziale correlazione,
anche dal punto di vista sanzionatorio, tra le fattispecie “comuni” e quelle militari ad esse
sovrapponibili.
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