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IL REATO DI ACQUISTO O RITENZIONE DI EFFETTI MILITARI
Restando in argomento, è possibile ancora osservare che, nella descrizione
dell’oggetto materiale del reato, il legislatore ha introdotto due singolari ele-
menti strutturati in chiave negativa, e cioè che gli oggetti non siano “muniti del
marchio o del segno di rifiuto” e che il soggetto attivo non possa dimostrare
che essi “abbiano legittimamente cessato di appartenere al servizio militare”.
Ne consegue che, qualora vi siano elementi per ritenere che si tratti di cose
destinate ad uso militare, salvo i casi in cui esse rechino su di loro la prova tan-
gibile della cessata appartenenza al servizio militare, sarà onere dell’agente
dimostrare in concreto tale ultima circostanza.
Ciò dimostra ancora una volta l’indiscussa natura della fattispecie di cui trattasi
quale reato contro il servizio militare , osservazione che costituisce utile preambolo
(7)
per riprendere la questione, prima lasciata in sospeso, del rapporto con altre forme di
illecito. Infatti, è proprio nella chiara individuazione del servizio militare come bene
giuridico tutelato dall’art. 166 che è possibile rinvenire il principale segno distintivo
rispetto soprattutto ai reati contro il patrimonio, caratterizzati da condotte di impos-
sessamento o appropriazione e dalla immancabile componente del danno patrimo-
niale. In giurisprudenza, ad esempio, è stato escluso che la ritenzione di munizioni
ricevute per lo svolgimento di una esercitazione e non utilizzate possa configurare il
reato di furto o di appropriazione indebita, proprio nella considerazione che la con-
dotta di ritenzione: “non è idonea a determinare la lesione dell’interesse protetto dalle
norme incriminatrici che reprimono i reati contro il patrimonio né a dare causa ad una
apprezzabile diminuzione patrimoniale in danno dell’Amministrazione militare, tant’è
vero che se l’imputato si fosse attenuto agli ordini ricevuti dai superiori, egli avrebbe
dovuto esplodere, durante l’esercitazione, anche i cinque colpi a salve, i quali, perciò,
sarebbero stati comunque perduti per l’Amministrazione” .
(8)
(7) Si veda in proposito la giurisprudenza citata nella nota precedente.
(8) Cosi la sentenza n. 5982/2000, richiamata nella giurisprudenza citata in nota n. 5. In tal senso
anche: Cass., Sez. I, 15 gennaio 2019/7 giugno 2019, n. 25352 e la già citata Cass. n. 33833/2019.
Quest’ultima, tuttavia, per affermare la configurabilità del reato di cui all’art. 166 c.p.m.p. piuttosto
che quello di appropriazione indebita, utilizza anche un’ulteriore argomentazione, legata all’asserita
mancanza di una vera interversio possessionis, dovuta al fatto che il munizionamento consegnato
al militare per l’esercitazione non esce dalla sfera di vigilanza del militare addetto all’armeria e del
direttore di tiro cui va restituito, se non utilizzato. L’osservazione, però, appare inconferente, in
quanto la ritenzione, come si è già notato, ben può avere ad oggetto beni non di consumo che sono
affidati al militare anche per tutta la durata del suo servizio in armi e che, pertanto, escono del tutto
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