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PANORAMA DI GIUSTIZIA MILITARE


                    Il legislatore, inoltre, ha previsto nell’ambito della medesima disposizione
               di cui all’art. 166 due distinte condotte - l’acquisto e la ritenzione - che sono tra
               loro legate dall’identità dell’interesse tutelato - il servizio militare - e dalla par-
               ticolare tipologia di oggetto materiale su cui possono esplicarsi, costituita da
               “oggetti di vestiario, equipaggiamento o armamento militare o altre cose desti-
               nate  a  uso  militare”.  Prendendo  in  considerazione  in  primo  luogo  la  meno
               complessa condotta di acquisto, per la quale non è richiesta alcuna forma deter-
               minata, si può osservare che essa normalmente si realizza in speculare correla-
               zione con quella di alienazione, di cui ai sopra citati artt. 164 e 165, sicché sarà
               punibile ai sensi dell’art. 166 il soggetto che acquisti (a qualsiasi titolo) da un
               militare in servizio cose che fanno parte dell’armamento o equipaggiamento di
               quest’ultimo. Invece, nel diverso caso in cui la cosa provenga da altro tipo di
               atto illecito (ad esempio da un furto o da una truffa), verrebbe a configurarsi in
               capo al ricevente il reato di ricettazione, a seconda dei casi sotto la specie del
               reato militare (art. 237 c.p.m.p.) o comune (art. 648 c.p.).
                    È da rilevare, ancora, che la condotta di acquisto esaurisce sotto tale aspet-
               to la lesione del bene giuridico protetto dalla norma, sicché la successiva riten-
               zione costituirà un post factum non punibile, salvo, come si vedrà, il caso in cui
               si possa configurare una qualche fattispecie lesiva dell’ordine pubblico.
                    Con riguardo alla condotta di ritenzione, che si presenta di più complesso
               inquadramento, occorre notare che il legislatore ha utilizzato un verbo che, nel
               suo significato comune, evoca l’atto di chi “trattiene” cose che sarebbe tenuto
               a consegnare ad altri. In effetti, il richiamo quoad poenam ai precedenti artt. 164
               e 165 sembrerebbe suggerire proprio una tale interpretazione, tenuto conto che
               quelle disposizioni, come si è già detto, sono volte a punire esclusivamente il
               militare (quindi, non “chiunque”) che distrugge o aliena oggetti ricevuti in dota-
               zione e destinati normalmente ad essere restituiti se il loro legittimo uso non ne
               comporti la perdita (come avviene, ad esempio, per le munizioni).
                    Prima facie, quindi, sarebbe stato logico attendersi che la soggettività attiva
               del reato fosse appannaggio dei soli militari allorché, avendo ricevuto in affida-
               mento oggetti destinati ad uso militare, pongano in essere una condotta di inde-
               bito “trattenimento” degli stessi come effetto della mancata tempestiva ricon-
               segna.


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