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L’ABUSO D’UFFICIO TRA DIRITTO E RAGIONE
difetto di istruttoria, illogicità, ecc.), spesso collocati a metà strada tra vizi proce-
durali e vizi sostanziali, dovranno essere analizzati alla luce dell’interesse persegui-
to dal pubblico agente, assumendo i contorni dello sviamento di potere (penal-
mente rilevante) solo quando rivelino una deviazione dell’atto dalla causa tipica
ovvero lo sfruttamento del pubblico ufficio per fini privati .
(33)
In tale ottica, l’ingiustizia del risultato (vantaggio patrimoniale o danno)
consente di valorizzare l’infedeltà sottesa alla posizione di garanzia che
(dis)orienta l’operato degli agenti pubblici in modo strumentale alla salvaguar-
dia di beni diversi da quelli oggetto di tutela .
(34)
Quale parametro normativo autonomo, essa non può ricavarsi implicita-
mente dal carattere abusivo della condotta, implicando verifiche differenziate che
posizionano la violazione di norme di legge o di regolamento in funzione serven-
te rispetto all’offesa al bene emergente dal disvalore complessivo dell’illecito .
(35)
6. Causalità normativa e disvalore di evento: prospettive de lege ferenda
L’analisi strutturale dell’art. 323 c.p. non può, dunque, prescindere da van-
taggio e danno, che devono essere prodotti non iure (in difetto di una causa di
giustificazione) e risultare contra ius (in contrasto con una norma extrapenale),
ma soprattutto devono essere causalisticamente generati dall’azione illecita, che
assurge a thema probandum autonomo .
(36)
D’altra parte, nell’abuso d’ufficio condotta ed evento si influenzano reci-
procamente e sono avvinti da un nesso di causalità normativa, che consente
appunto di recuperare il disvalore di evento al disvalore della condotta, atte-
(33) In queste circostanze, infatti, il vizio non è endo-amministrativo (come tale soggetto al controllo della
funzione dinanzi al giudice amministrativo), ma travalica i contorni del provvedimento contraddi-
cendo le leggi che governano il potere-facoltà conferito al pubblico agente, così palesando una con-
dotta in contrasto con le finalità istituzionali, come tale rimessa allo scrutinio del giudice penale.
(34) In tal senso, le puntuali osservazioni di A. SESSA, op. cit., pag. 139. L’autore distingue oppor-
tunamente tra “delitto come infedeltà” e “delitto di infedeltà”; di conseguenza, concentrando
il nucleo di disvalore del fatto nel comportamento infedele del pubblico agente «sembra non
assumersi la lesione di una fedeltà elevata a valore (delitto come infedeltà)».
(35) L. STORTONI, L’abuso di potere nel diritto penale, Milano, 1978, pag. 150.
(36) Giunge a queste conclusioni, considerando il suddetto rapporto di strumentalità «un requi-
sito del reato» e segnalando «la modesta capacità selettiva dell’evento di danno o di vantaggio, posto che
nella continua attività della moderna amministrazione di ponderazione e comparazione degli interessi privati
la produzione di un risultato favorevole per certe posizioni e sfavorevole per altre è connaturale anche al più
legittimo e imparziale esercizio di potere funzionale», A. PALAZZO, Cronaca di una vicenda non esemplare
(a proposito delle riforme dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), in AA.VV.,
Le responsabilità pubbliche, SORACE (a cura di), Padova, 1998, pagg. 454 e ss. Il passo è riportato
anche da A. TESAURO, Violazione di legge ed abuso d’ufficio. Tra diritto penale e diritto amministrativo,
Torino, 2002, pag. 206.
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