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L’ABUSO D’UFFICIO TRA DIRITTO E RAGIONE



               deve garantire la dialettica tra bene e offensività che presiede al controllo critico
               delle  conseguenze  della  violazione.  La  dimensione  assiologica  dell’offensività
               costituisce un baluardo indispensabile per la restrizione garantista dell’area del
               penalmente rilevante; essa interviene come limite alla tutela sia da un punto di
               vista quantitativo (grado dell’offesa) sia da un punto di vista qualitativo (tipologia
               dell’offesa), espungendo quelle violazioni che non si possono sanzionare perché
               non possono essere ‘penale’ o quantomeno non possono essere «abuso d’ufficio».
                     Da questo punto di vista, la dotazione strutturale dell’art. 323 c.p. consente di
               rintracciare parametri democraticamente verificabili, ancorché elastici, che possono
               ricondurre il paradigma dell’offesa al necessario controllo critico. Già da un punto di
               vista etimologico, infatti, il termine abuso (d’ufficio) postula quale base necessaria la
               possibilità dell’uso lecito dei poteri-facoltà attribuiti ex lege all’organo ufficio, nell’am-
               bito del quale il pubblico agente è tenuto a esercitarli conformando (in modo vinco-
               lato o discrezionale) la funzione o il servizio al fine istituzionale prefissato e tipico .
                                                                                         (27)
                     Il limite entro il quale tale esercizio è consentito non è dunque segnato
               direttamente dall’art. 323 c.p., ma va ricercato nella disciplina dell’ufficio o ser-
               vizio - la cui violazione penetra nel tipo come elemento normativo in grado di
               orientarne l’offensività - oltre che nell’interesse pubblico, che si traduce in argine
               “esterno” alla discrezionalità. Ecco perché proprio «la discrezionalità rappresen-
               terà il limite invalicabile al sindacato di merito del giudice penale e del giudice
               amministrativo in quanto sia da essa assente ogni forma di deviazione dal fine
               pubblico per cui è stato attribuito il potere funzionale o di servizio» ; d’altra
                                                                                  (28)
               parte, lo sviamento di potere «integra la violazione di legge poiché il potere non
               viene esercitato secondo lo schema normativo che ne legittima l’attribuzione ».
                                                                                        (29)
                     Il confine del sindacato penale sulla condotta del pubblico agente è dunque
               legato al doppio filo della lettera della norma di legge o di regolamento e del fine
               pubblico, che deve costituire il faro dell’attività svolta dal pubblico ufficiale o dal-
               l’incaricato di pubblico servizio, al quale potrà consentirsi al più un “eccesso di
               potere intrinseco”, fintantoché la sua condotta orbiti all’interno delle possibili
               opzioni che la norma attributiva del potere discrezionale gli consentiva.


               (27)  In argomento, A. R. CASTALDO, L’abuso penalmente rilevante nel mercato economico finanziario e nella pub-
                     blica amministrazione, relazione al Convegno internazionale di studio per il XXX anno della fon-
                     dazione della Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, Università degli Studi di Verona,
                     20 ottobre 2017. Per un’analisi speculare del concetto di “abuso”, seppure in un diverso settore
                     della parte speciale del diritto penale, sia consentito il rinvio a M. NADDEO, Abuso dei mezzi di cor-
                     rezione o di disciplina e rischio socialmente adeguato, in L’INDICE PENALE, n. 2-2013, pag. 421.
               (28)  G. RUGGIERO, Trattato di diritto penale, Parte speciale, GROSSO, PADOVANI, PAGLIARO (diretto da),
                     Reati contro la pubblica amministrazione, Milano, 2015, pag. 349.
               (29)  Cass., Sez. Un., 29 settembre 2011, C.E.D. 251498. Al riguardo, P. M. VIPIANA, V. CINGARO,
                     L’atto amministrativo, Padova, 2012, pag. 149.

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