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DOTTRINA
Eppure, l’art. 323 c.p., nel testo modificato dall’art. 1 della legge 16 luglio
1997, n. 234, non può certo dirsi ispirato a logiche da diritto penale accessorio,
possedendo gli anticorpi necessari per far prevalere la tutela di beni, evitando
«quei pericoli di destrutturazione che (…) riducono la funzione della fattispecie
all’assolvimento di compiti primari, privandola di ogni ragione autonoma e di
filtro sistematico rispetto a fatti e categorie ad essa estranee» .
(9)
Fughe in avanti - ancorché animate dal timore di vuoti di tutela rispetto a
forme di abuso di potere considerate meritevoli di pena - sono escluse dalla geo-
metria (tridimensionale) del tipo, che recupera opportunamente il disvalore di
evento al disvalore della condotta, descrivendo un programma epistemologicamen-
te verificabile. La “causalità normativa” interna alla fattispecie è, infatti, in grado di
modellarne il Tatbestand in modo che il disvalore d’azione (violazione di norme di
legge o di regolamento) produca un disvalore d’evento (vantaggio o danno).
Insomma, il momento categoriale (o tipologico-contenutistico) si fonde con la spe-
cifica connotazione modale della condotta, che fa perno sul profilo causale appena
descritto. A essere punito (con la reclusione da uno a quattro anni) per abuso d’uf-
ficio è dunque «il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello
svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di rego-
lamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un
prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad
altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto».
La condotta - soggettivamente qualificata e oggettivamente contestualiz-
zata - è arricchita dalla descrizione modale che la rende formalmente illegittima,
perché attuata «in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omet-
tendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiun-
to o negli altri casi prescritti». Si tratta del baricentro della fattispecie, in grado
di orientare la disciplina specialistica o di settore, interpolandone l’offensività.
Basti pensare che l’obbligo di astenersi fa sorgere per i pubblici agenti (in con-
flitto di interessi) un dovere che i) prescinde dall’esistenza di una disciplina
dell’astensione nel procedimento ove l’agente è chiamato a operare , ovvero
(10)
ii) rimodula quella specifica - magari concentrata su un numero più ridotto di
ipotesi o priva di carattere cogente - come nel caso dell’art. 52 c.p.p., che deve
essere interpretato alla luce dell’art. 323 c.p., convertendo in ‘obbligo’ la mera
‘facoltà’ del magistrato del pubblico ministero di astenersi in presenza di un
interesse proprio o di un proprio congiunto .
(11)
(9) Letteralmente, A. SESSA, Infedeltà e oggetto della tutela nei reati contro la pubblica amministrazione, Napoli,
2006, pagg. 141 e ss. L’Autore mette in evidenza i rischi di una ricostruzione dell’illecito penale
mediante il ricorso a segni e concetti extrapenali, svincolata da una dimensione teleologica specifica.
(10) Cfr. Cass. pen., Sez. Quinta, 21 dicembre 2017, n. 1929.
(11) Cfr. Cass. civ., S.U. 27 dicembre 2018, n. 33537.
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