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L’ABUSO D’UFFICIO TRA DIRITTO E RAGIONE



                     Queste le ragioni che inducono a non avere rimpianti per il mancato coin-
               volgimento dell’art. 323 c.p. a bordo della riforma attuata con Legge n. 3/2019.
               Risulterebbe, infatti, incompatibile con le esigenze di selezione del tipo, imposte
               dal ‘vissuto’ dell’«abuso d’ufficio», un’azione di Governo che «non si affida più
               ad un’analisi razionale dell’esistente, bensì utilizza un’azione politica che, attra-
               verso i mezzi di comunicazione di massa, in particolare di carattere cibernetico
               e, quindi, di enorme diffusività, non si riferisce alla ragione del popolo ma ha
               l’obiettivo di colpire gli “stati emotivi” della popolazione stessa» .
                                                                              (5)
                     Uno strumento di tal fatta non potrebbe che essere rimedio peggiore del
               male. Intanto, però, preme l’urgenza di una riforma che potrebbe sbloccare gli
               ingranaggi di una «macchina inceppata nella marcia, incapace di procedere a pieno
               regime, nonostante la ricca dotazione di serie» .
                                                          (6)
                     Lo ‘stallo’ è paradossalmente aggravato dalla iper-proliferazione di misure
               punitive a corredo di sempre nuove disposizioni di disciplina e controllo. Il gine-
               praio  di  una  regolamentazione  sempre  più  sbilanciata  sulla  norma  di  rango
               secondario genera lo stato d’incertezza e confusione alla base dell’atteggiamento
               prudenziale del pubblico agente, blindato in una ‘burocrazia difensiva’ o in ‘fuga
               dal potere di firma’ pur di trovare riparo dai rischi (penali) del caos normativo.
                     È proprio la difficile intellegibilità del panorama regolamentare che impo-
               ne dunque al legislatore di farsi carico di una riforma che risolva l’attuale ipo-
               crisia  di  un  approccio  fondato  sul  «principio  di  difficile  se  non  impossibile
               declinazione, cioè il rispetto di leggi e regolamenti, la cui trasgressione è il gri-
               maldello per incriminare per abuso d’ufficio il pubblico ufficiale» .
                                                                              (7)


               2. L’apparente stabilizzazione del tipo nella legge 16 luglio 1997, n. 234
                     Nel commentare il delitto di «abuso d’ufficio» l’autorevole dottrina impu-
               tava all’ermeneutica giurisprudenziale la crisi della stabilizzazione del tipo, affer-
               mando che «l’attuale formulazione del reato di abuso d’ufficio si comprende
               appieno solo attraverso la sua storia, al contrario l’interpretazione della norma
               prescinde dal suo passato e anzi richiede un superamento delle categorie con-
               cettuali precedentemente consolidatesi» .
                                                      (8)
               (5)   Efficacemente,  A.  MANNA,  Il  fumo  della  pipa  (il  cosiddetto  populismo  politico  e  la  reazione
                     dell’Accademia e dell’Avvocatura, in ARCH. PEN., n. 3-2018, pag. 1.
               (6)   Descrive  in  questi  termini  la  modesta  efficienza  della  Pubblica  Amministrazione,  A.  R.
                     CASTALDO, Il reato di abuso d’ufficio: caos normativo, inefficienza della P.A., in QUOTIDIANO GIURI-
                     DICO, 26 marzo 2019, pag. 1.
               (7)   Ancora in tal senso A. R. CASTALDO, op. ult. cit., pag. 3.
               (8)   S. SEMINARA, Art. 323 c.p., in CRESPI, STELLA, ZUCCALÀ, Commentario breve al Codice penale,
                     Padova, 2003, pag. 937.

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