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DOTTRINA



                  Problematica ridimensionata proprio con la riforma del 1997, che ha tra-
             sfigurato il delitto in esame “sia sotto il profilo strutturale che sotto quello siste-
             matico-funzionale”, circoscrivendone l’ambito della punibilità .
                                                                        (15)
                  Quella riforma ha operato seguendo un approccio multilivello che ha stabi-
             lizzato le condotte «nello svolgimento delle funzioni o del servizio», tentando di
             renderle predeterminabili grazie alla struttura (di reato) d’evento, qualificata dalla
             «violazione di norme di legge o di regolamento» ovvero dall’omettere di «astener-
             si in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi
             prescritti». Di contro, l’irragionevolezza dei processi interpretativi - rivelatrice di
             una ingiustificata insofferenza al dettato normativo  - ha progressivamente asso-
                                                            (16)
             lutizzato il requisito della violazione di norme di legge, disarticolandolo dall’even-
             to cui è avvinto per intrinseca complementarietà. In questo modo, la «violazione
             di norme di legge o di regolamento» espone il tipo a un’estensione incontrollata,
             in grado di abbracciare ogni tipo di violazione, senza distinzione tra norme di
             legge che pongono principi e norme di legge che impongono regole .
                                                                             (17)
                  Il  vero  problema  non  sembra  essere  tanto  l’adeguata  definizione  delle
             categorie della «legge» e del «regolamento», quanto la possibilità di dilatarne le
             maglie interpretative, fino a eludere la scelta operata dal legislatore. Infatti, se la
             «legge» risulta concetto adeguatamente definito da precipui riferimenti costitu-
             zionali, anche il termine «regolamento» può trovare nella legge una decisa pun-
             tualizzazione, così da favorire il corretto inquadramento in termini “giuridici”
             dell’elemento normativo dell’«abuso d’ufficio» .
                                                         (18)
                  Tale scelta, evidentemente ispirata al principio di legalità, sembra messa in
             crisi dal criterio della violazione mediata, tramite la quale sono stati forzati i para-
             metri normativi, consentendo a quelle che vengono convenzionalmente definite
             norme interposte di assurgere a norma di legge o di regolamento.


             (15)  In questi termini, C. BENUSSI, Diritto penale della pubblica amministrazione, Padova, 2016, pag. 414.
             (16)  Ne è riprova l’isolamento della fondamentale pronuncia della Corte di Cassazione, che acco-
                  glie un indirizzo formalista assolutamente aderente alla volontà del legislatore: Cass., Sez. II, 4
                  dicembre 1997, TOSCHES, in FORO IT., II, 1998, pagg. 258 e ss., con nota di A. TESAURO.
             (17)  Sulla distinzione tra regole e principi si rinvia alle autorevoli considerazioni di M. DONINI,
                  Teoria generale del reato. Una introduzione, Padova, 1996, pagg. 25 e ss.
             (18)  In tal senso, A. VALLINI, L’abuso d’ufficio, in F. PALAZZO (a cura di), Trattato di Diritto Penale, vol.
                  II, Delitti contro la pubblica amministrazione, Napoli, 2011, pag. 287. L’Autore segnala come
                  anche la Cassazione aderisca all’orientamento restrittivo, che ricava la precisa puntualizzazio-
                  ne del termine «regolamento» da specifici riferimenti legislativi, e ammonisce: «si prenda il legi-
                  slatore la briga di estendere la fattispecie alla violazione di altre fonti, ove avverta lacune di tutela; non può e
                  non deve farlo in sua vece il giudice, neppure sulla scorta di interpretazioni intrinsecamente ragionevoli (…)».
                  Di converso, deve precisarsi che per la giurisprudenza prevalente nell’abuso d’ufficio con-
                  nesso a una violazione di legge, questa si pone come mero presupposto di fatto per l’integrazione
                  del delitto (Cass., Sez. VI, 7 aprile 2005, n. 18149, C.E.D. Cass., n. 231342).

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