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DOTTRINA



             precetto di cui al secondo comma, n. 2, della medesima disposizione - in tema
             di confisca obbligatoria - trattandosi di beni il cui trasferimento, pur se assog-
             gettato a particolari condizioni o controlli, non rende gli stessi illeciti e la cui
             detenzione non può reputarsi vietata in assoluto, bensì subordinata a determi-
             nate condizioni volute dalla legge. Nell’affermare detto principio la Suprema
             Corte aveva appunto annullato la sentenza che dichiarava la prescrizione del
             reato di ricettazione nella parte in cui aveva ordinato la confisca dei reperti
             archeologici e ha precisato che la restituzione dei medesimi, in sede esecutiva,
             si sarebbe dovuta effettuare a favore di chi fosse risultato proprietario in base
             alla normativa civilistica e alle disposizioni speciali di cui alla legge 1° giugno
             1939, n. 1089.
                  Quanto all’oggetto della confisca si era sottolineato anche come il delitto
             di cui all’art. 66, legge 1° giugno 1939, n. 1089, riguardasse tutti i beni descritti
             dall’art. 1 legge detta, a prescindere dal fatto che siano stati o meno oggetto di
             previa notifica ministeriale prevista dall’art. 3, comma primo.
                  Pertanto, per l’ipotizzabilità del reato e per la conseguente obbligatoria
             confisca doveva ritenersi sufficiente che la cosa avesse un intrinseco valore sto-
             rico o artistico, stante la finalità evidente della legge di impedire in ogni modo
             l’esportazione clandestina di beni culturali .
                                                     (14)
                  In tale contesto era precisata l’autonomia del provvedimento nelle ipotesi
             in  cui  l’imputato  era  prosciolto  o  dichiarato  non  punibile  differenziandosi
             appunto dalla confisca prevista dall’art. 240 c.p.
                  Nell’ipotesi di sentenza dichiarativa di prescrizione del reato, di cui all’art.
             68 della legge 1089 del 1939, non poteva esser ordinata la confisca dei beni
             archeologici  oggetto  della  imputazione,  ma  l’avente  diritto  alla  restituzione
             doveva essere in concreto individuato in base alla normativa civilistica e alle
             disposizioni speciali di cui alla legge 1089, rapportate l’una e le altre alla fatti-
             specie concreta, accertata e valutata, pur nel contesto della pronuncia di prescri-
             zione, “incidenter tantum” ai soli fini della individuazione (precisa) dell’avente
             diritto .
                   (15)
                  La questione assumeva nuova rilevanza alla luce dell’entrata in vigore del
             Decreto Legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, “Testo unico delle disposizioni
             legislative in materia di beni culturali e ambientali” che ridefiniva completamen-
             te il sistema dei reati contro il patrimonio culturale allargando le ipotesi di con-
             fisca, ma soprattutto ribadendo, all’art. 88 il principio della proprietà pubblica
             ab origine dei beni archeologici ritrovati e richiamando, a seconda del carattere

             (14)  Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1253 del 28 febbraio 1995.
             (15)  Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13984 del 9 novembre 1999.

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