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LA CONFISCA DEI BENI CULTURALI NELLA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITÀ



               riconosciuto, secondo la previsione degli artt. 1 e 2 della legge 1° giugno 1939,
               n. 1089, in esito a specifico giudizio valutativo da parte dell’amministrazione e
               ove manchi la suddetta dichiarazione o riconoscimento, l’immobile deve con-
               siderarsi compreso non nel Demanio (accidentale), ma nel patrimonio dispo-
               nibile dell’ente territoriale, e appunto come tale soggetto a quella disciplina
               privatistica .
                          (2)
                     Più di recente, in realtà, anche la giurisprudenza civile sembra avere ancora
               rimarcato il carattere di preminente interesse generale delle ricerche archeologi-
               che e storiche affermando come l’occupazione a fini di ricerca archeologica
               costituisce attività lecita della P.A., diretta a realizzare l’interesse pubblico alla
               conservazione del patrimonio storico-artistico e alla promozione della cultura e
               della ricerca (art. 9 Cost.).
                     Ne consegue la piena giustificazione tanto del sacrificio definitivo della
               proprietà (art. 56 legge n. 1089 del 1939), quanto della limitazione del suo uso
               e godimento (artt. 3 e 21 della stessa legge) .
                                                         (3)
                     A tale principio si ritenevano coerenti anche quelle norme che espressa-
               mente  prevedevano  la  confisca  delle  cose  d’antichità  e  d’arte,  quali  l’art.  66
               legge 1° giugno 1939, n. 1089 e 49 Disposizioni di attuazione c.p.p., dovendosi
               logicamente ritenere la confisca limitata (come, del resto, la espropriazione per
               pubblica utilità prevista dall’art. 54 della legge) alla sola ipotesi di proprietà pri-
               vata sulle cose d’interesse artistico o storico. Le cose d’antichità e d’arte rinve-
               nute fortuitamente dovevano ritenersi appartenenti ab origine allo Stato. In tale
               prospettiva, quindi, esse non potevano formare oggetto di confisca ma doveva-
               no essere restituite allo Stato .
                                           (4)
                     In tale prospettiva la confisca sulle cose di interesse storico, artistico e
               archeologico doveva essere disposta solo sulle cose in proprietà privata, illegit-
               timamente acquistate, in quanto non appariva concepibile né (funzionalmente)
               necessaria per quelle cose di interesse culturale (peraltro ben definito in senso
               storico, archeologico e artistico) ope legis già di proprietà pubblica, non potendo-
               si concepire appunto l’acquisto di proprietà di cosa già propria . Già la casistica
                                                                           (5)
               della giurisprudenza, formatasi con la precedente disciplina, appare così ampia-
               mente significativa di un equilibrio tendenzialmente sin da allora ricercato dalla
               giurisprudenza tra funzione della proprietà dell’oggetto di interesse culturale e
               obiettiva sua destinazione al patrimonio statale.


               (2)   Cass. (civ.) Sez. 1, Sentenza n. 3871 del 28 giugno 1985.
               (3)   Cass. (civ.) Sez. 1, Sentenza n. 20679 del 22 novembre 2012.
               (4)   Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 1321, del 10 giugno 1974.
               (5)   Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3093, del 16 ottobre 1978.

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