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L’INTERESSE INIZIALE DEL REGNO D’ITALIA PER IL CORNO D’AFRICA



                     Proprio in quel periodo le aspirazioni coloniali italiane avevano ricevuto
               una secca battuta d’arresto con la mancata occupazione della Tunisia, che diven-
               ne un protettorato francese con il Trattato del Bardo sottoscritto il 12 maggio,
               avvenimento che portò il 29 successivo alle dimissioni di Cairoli e, dopo un fal-
               lito tentativo da parte della Destra di tornare al potere con Quintino Sella, fu
               nominato presidente del Consiglio dei ministri Agostino Depretis e il Dicastero
               degli Affari Esteri fu affidato a Pasquale Stanislao Mancini . Quest’ultimo e
                                                                         (35)
               Depretis, nonostante il momento critico, decisero di agire con prudenza e chie-
               sero l’appoggio britannico per obbligare gli egiziani a formare una commissione
               d’inchiesta, che operò a Beilùl dal 13 luglio presieduta da Ibrahim Rushdi pascià
               che vi giunse con l’avviso Diaffariah . Essa attribuì la responsabilità dell’ecci-
                                                   (36)
               dio della spedizione Giulietti alle tribù dell’interno non controllate dal Cairo, ma
               tali risultati non furono accettati dal governo italiano e Mancini il successivo 11
               settembre pretese formalmente una seconda inchiesta .
                                                                   (37)
                     Nel frattempo i rapporti fra l’Egitto e l’Italia si erano fatti ancora più critici
               perché il Cairo, per ribadire che Rahéita gli apparteneva, aveva ordinato a Rushdi
               pascià, una volta completate le indagini a Beilùl, di recarvisi e di sbarcare un
               reparto di soldati prima di rientrare a Massaua. Il comandante Frigerio, venuto a
               conoscenza  delle  intenzioni  degli  egiziani,  intimò  a  Rushdi  pascià  che  egli  si
               sarebbe  opposto  a  questa  operazione  in  tutti  i  modi,  minacciando  l’impiego
               dell’Ettore Fieramosca e dell’avviso Rapido, anch’esso inviato in Mar Rosso .
                                                                                        (38)
               (35)  Quello che sulla stampa italiana fu denominato «lo schiaffo di Tunisi» lasciò sconcertato sia
                     il governo sia l’opinione pubblica nazionale, ma ciò rientrava nella real politik seguita dal
                     governo britannico del tempo che non desiderava che le due sponde di un canale o di uno
                     stretto (choke points, nel caso specifico il Canale di Sicilia) fossero in mano alla medesima
                     Potenza la quale, in caso di una guerra oppure di una crisi internazionale, avrebbe potuto
                     facilmente interdirne il transito. Ciò era particolarmente sentito da Londra nel Mediterraneo
                     che, dopo l’apertura del Canale di Suez, metteva in collegamento il Regno Unito con la «perla
                     dell’Impero britannico», ovvero l’India. Il conseguente isolamento diplomatico del Regno
                     d’Italia fece sì che il 20 maggio 1882 si sarebbe legato alla preesistente Duplice Alleanza che
                     univa l’Impero tedesco a quello austro-ungarico.
               (36)  Di parere contrario era il capitano di fregata Tomaso di Savoia, duca di Genova e cugino del
                     re Umberto I, comandante della corvetta a elica Vettor Pisani, che transitava in Mar Rosso
                     di rientro da una missione svolta in Giappone. Egli infatti voleva compiere una rappresaglia
                     contro le popolazioni costiere della zona di Beilùl, in quanto era convinto che fossero loro
                     le responsabili del massacro della spedizione Giulietti e quando ciò gli fu impedito si lamentò
                     che così facendo l’Italia avrebbe perso parecchio del suo prestigio in quell’area, vedi Aldo
                     MARCHESE, G. M. Giulietti, Milano, Italica Editoriale, 1938, pag. 206.
               (37)  ASDMAE, ASMAI, Archivio Eritrea, busta 2, fascicolo 2: copia della lettera del ministro degli
                     Affari  Esteri  Pasquale  Stanislao MANCINI  al  regio  commissario  civile  in  Assab  Giovanni
                     BRANCHI redatta a Roma il 24 novembre 1881, con n. di prot. 80 e senza oggetto; Enrico DE
                     LEONE,  Le  prime  ricerche  di  una  colonia  e  la  esplorazione  geografica,  politica  ed  economica,  Roma,
                     Istituto Poligrafico dello Stato, 1955, pag. 300.
               (38)  AUSMM, Raccolta di base, busta 2149: copia della lettera del capitano di fregata Gian Galeazzo

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