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DOTTRINA
Ma a prescindere da tali esternazioni legate ad attività d’ufficio (indagini in
corso o altro) ed espresse in modo non conforme alla normativa ed al prin-
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cipio di riserbo, ben diverso è il tema del diffuso utilizzo di scritti, mail, stru-
menti social o radiotelevisivi per un distorto esercizio da parte del magistrato
della pretesa libertà di pensiero, su vari temi e nei confronti di vari soggetti, in
contesti aperti, qualora risulti lesiva di altri valori costituzionali (dell’onore e
reputazione altrui, oltre che del decoro, dignità, riserbo e imparzialità delle pro-
prie funzioni anche in contesti extragiudiziari).
In passato il problema si era posto per le partecipazioni televisive di
magistrati divenuti commentatori seriali di processi in corso o da poco con-
clusisi, e il CSM ha da tempo stabilito che è sottoposta ad autorizzazione del
CSM la partecipazione programmata continuativa e non occasionale, anche se
gratuita, a trasmissioni televisive, radiofoniche ovvero diffuse per via telema-
tica o informatica da chiunque gestite, nella quali vengono trattate specifiche
vicende giudiziarie ancora non definite nelle sedi competenti, (art. 4.2-bis
della circolare sugli incarichi extragiudiziari, approvata con delibera del 2
dicembre 2015).
affermarsi che, sul versante delle dichiarazioni, interviste e partecipazione a trasmissioni televi-
sive, l’Associazione nazionale magistrati - almeno sul piano della regola astratta che, però, non
risulta mai applicata nella pratica - è più rigorosa del legislatore, stigmatizzando in particolare
le dichiarazioni non ispirate a criteri di equilibrio, dignità e misura e la partecipazione a trasmis-
sioni televisive finalizzate a rappresentare in forma scenica vicende giudiziarie in corso”. Si ram-
menta che le regole deontologiche espresse dal codice etico hanno una rilevanza soltanto indi-
retta e mediata nella materia disciplinare, nella misura in cui i precetti in esso previsti coincido-
no con una delle fattispecie tipiche previste dal D.Lgs. n. 109/2006; al di fuori di tali casi rile-
vano solo ai fini delle eventuali sanzioni in sede associativa, sanzioni che - di fatto - non risul-
tano però mai essere state adottate (ai sensi degli artt. 9, 10 e 11 dello statuto dell’Anm) dagli
organi dell’associazione a ciò deputati (il comitato direttivo centrale, con eventuale ricorso
all’assemblea generale, sulla base dell’azione esercitata dal collegio dei probiviri).
(46) Su procedimenti in corso, il CSM ha più volte ribadito (risoluzioni 18 aprile 1990; 19 maggio
1993; 1° dicembre 1994) che:
1. Il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero non tollera limiti soggettivi e quin-
di compete, senza dubbio alcuno, anche ai magistrati;
2. Tuttavia, la delicatezza della funzione richiede alcune cautele, nell’interesse della giustizia
e della stessa credibilità della funzione giurisdizionale;
3. È in ogni caso opportuno evitare - da parte dei magistrati - dichiarazioni alla stampa su
processi che stanno trattando o nei quali sono o saranno chiamati a qualunque titolo a svol-
gere la propria funzione. È altresì opportuno evitare dichiarazioni anche in relazione a pro-
cedimenti pendenti di cui una qualsiasi fase sia stata già definita con la partecipazione del
magistrato stesso;
4. Qualora ragioni di pubblico interesse richiedano chiarezza e trasparenza, anche per rassi-
curare l’opinione pubblica, su un procedimento in corso, è consigliabile che il magistrato rife-
risca al capo dell’ufficio, il quale potrà valutare l’opportunità di una sua dichiarazione ufficiale
o di un comunicato stampa, rispettati - ovviamente - i limiti del segreto d’ufficio;
5. Nelle valutazioni, anche critiche, su procedimenti tuttora in corso, diversi da quelli di cui
al punto 3, sono indispensabili particolari cautele ed attenzioni, ferma comunque la necessità
che le dichiarazioni rispettino la verità storica e non siano gratuitamente offensive.
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