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DOTTRINA
La suddetta casistica disciplinare trae origine dalla violazione di precetti
fondanti per gli appartenenti a Forze Armate e di Polizia, ed è così schematiz-
zabile:
a)per la Polizia di Stato, la casistica nasce dalla violazione dei doveri di
fedeltà, correttezza, lealtà, imparzialità e riserbo sanciti espressamente dal rego-
lamento di servizio (artt. 12, 13, 14, 15, 34 del DPR n. 782/1985) e dal Testo
Unico sugli impiegati civili dello Stato (DPR n. 3/1957, in quanto applicabile).
Anche fuori dal servizio, come stabilito dall’art. 68 della Legge n. 121/1981,
l’appartenente alla Polizia di Stato deve attenersi ai suoi doveri generali e parti-
colari in quanto permane il vincolo funzionale con l’amministrazione della P.S.
e, quindi, gli obblighi che derivano dalle qualifiche di Polizia Giudiziaria e di
pubblica sicurezza. La violazione comporta l’applicazione delle sanzioni disci-
plinari di cui al DPR n. 737/1981 . Diverse questioni circa l’uso improprio di
(32)
strumenti social in contesti privati sono state disciplinarmente sanzionate, e solo
una parte di esse è ad oggi venuta al pettine della magistratura ;
(33)
(32) Sul tema, V. TENORE, V. SCAFFA, M. FRISCIOTTI, Manuale sulla responsabilità e sul procedimento
disciplinare nelle Forze Armate e di Polizia, Roma, Laurus Robuffo, 2010.
(33) Tra le sentenze relative a sanzioni disciplinari inflitte a poliziotti per dichiarazioni in intervi-
ste o tramite social, v. Tar Piemonte, Sez. Prima, 28 novembre 2018, n. 1285, relativa a san-
zione disciplinare (deplorazione a carico della ricorrente in servizio presso la Omissis per l’in-
frazione di cui all’art. 4, comma 1, lett. n, D.Lgs. n. 449/1992) inflitta per post Facebook pub-
blicati dalla ricorrente sul suo profilo privato (ossia “chiuso”), facenti parte di una rubrica
intitolata “Una perla al giorno toglie lo sbirro di torno”, riservata ad amici, colleghi e supe-
riori gerarchici, della stessa polizia di appartenenza come di altri corpi; Tar Sicilia, Palermo,
Sez. Prima, 24 luglio 2014, n. 2025. Singolare il caso vagliato dal Tar Toscana 29 giugno 2018,
n. 950, in cui si conferma la sanzione disciplinare della sospensione di un mese irrogata ad
un poliziotto per aver utilizzato dati personali di cui era venuto a conoscenza durante la ver-
balizzazione di una denuncia per contattare la dichiarante su Facebook. Tar Sardegna, Sez.
Terza, 11 gennaio 2018, n. 61, ha poi confermato la sanzione della deplorazione congiunta
alla pena pecuniaria nella misura di 2/30 di una mensilità stipendiale inflitta ad un poliziotto
che aveva arbitrariamente inserito in un sito per incontri a sfondo sessuale il cellulare della
ex fidanzata con cui era in attrito. Va poi ricordato Tar Lazio, Roma, Sez. Prima-ter, 5 ottobre
2017, n. 10079, che ha vagliato il caso di un poliziotto sindacalista pluriesternatore sanziona-
to per “utilizzo dei social network e della rete per manifesta propaganda politica, degenerata
talvolta in gravi esternazioni contro l’ordine giudiziario e il Presidente della Repubblica”.
Cons. Stato, Sez. Prima, 22 - 28 novembre 2017, n. 2484, e 1° luglio - 27 agosto 2015, n. 2453
(pareri su ricorso al Presidente della Repubblica), su sanzioni disciplinari, ritenute fondate,
per utilizzo sul social network Facebook in un contesto aperto ed accessibile a tutti, riferendosi
a superiori gerarchici, di espressioni offensive e denigratorie.
Interessante il caso vagliato dal Consiglio di Stato con sent. n. 848/2014, cit., che ha affer-
mato che “rientra nella libertà di espressione e nel diritto alla vita privata la pubblicazione da
parte di un appartenente alla Polizia di Stato, sul profilo personale all’interno di un social net-
work, l’accesso al quale sia possibile soltanto previa autorizzazione del titolare del profilo, di
pose fotografiche in abiti succinti con travestimenti femminili, di guisa che è illegittima la
sanzione disciplinare irrogata per questi fatti”. Al dipendente era stata comminata la sanzione
della sospensione dal servizio per un mese, con correlata deduzione di tale periodo dal com-
puto di anzianità, perché “evidenziando gravissima mancanza di correttezza nel comporta-
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