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USO CONSAPEVOLE DEI SOCIAL MEDIA
sivo del dovere di fedeltà di cui all’art. 54 Cost.), il segreto istruttorio-investiga-
tivo (artt. 114, 115 e 329 c.p.), o di tipo privatistico, quale il segreto industriale e
professionale (art. 622 c.p., art. 200 c.p.p.). Quest’ultimo assume peculiare rile-
vanza per la professione del giornalista in ordine alla rivelazione delle fonti di
notizia, obbligatoria se indispensabile per l’accertamento di un reato;
4)l’onore, da intendersi, come rimarcato anche dalla Consulta con senten-
za n. 86/1974, sia come dignità personale (la cui violazione dà luogo all’ingiuria
ex art. 594 c.p.) sia come reputazione (che, violata, origina la diffamazione ex
art. 595 c.p.) che come diritto all’identità personale. In tal senso, in difetto dei
requisiti della verità dei fatti (anche putativa, ovvero frutto di serio e diligente
lavoro di ricerca delle fonti e di fedeltà attenta al contenuto di eventuali prov-
vedimenti giudiziari), della forma civile dell’esposizione (cosiddetta continenza,
più tenue nella critica politica e nella satira, ma sempre rispettosa “di quel mini-
mo di dignità cui ha sempre diritto anche la più riprovevole delle persone”) e
dell’utilità sociale o pertinenza dei fatti riferiti (soprattutto attraverso un uso
scrupoloso delle fonti e una adeguata valutazione della notorietà della persona
coinvolta e del suo ruolo sociale), si concretizza una palese violazione, sanzio-
nabile penalmente e disciplinarmente e risarcibile pecuniariamente, dell’onora-
bilità di una persona, anche con riferimento all’attualità della informazione.
Altri reati perfezionati con la parola o con lo scritto (calunnia, concorso morale
o istigazione in altri delitti, minaccia, vilipendio, aggiotaggio, ecc.) rientrano in
modo evidente nei limiti all’ampio diritto alla libertà di pensiero;
5)tra i limiti alla libertà di pensiero, riconducibili alla utilità sociale o meno
dell’informazione, vi è, infine, il diritto al silenzio, ovvero a che non siano resi
noti fatti e valutazioni disonorevoli, e all’oblio sugli stessi dopo alcuni anni
venendo meno la predetta attualità della informazione , da bilanciare però, in
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taluni casi, con l’ulteriore diritto alla ricerca storica e scientifica (ad esempio sul
negazionismo) e alla memoria, come diritto a non dimenticare crimini contro
l’umanità, il cui ricordo è indefettibile per l’educazione dei giovani.
Tali limiti, come si è rimarcato in studi specifici , sia in ordine ai profili
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civili, sia a quelli penali e soprattutto disciplinari, sono stati scandagliati e valutati
in concreto in relazione ad una vasta casistica vagliata dalla magistratura e dagli
organi disciplinari, che hanno contribuito alla creazione di un vero e proprio
decalogo dei limiti (scolpiti dalla nota sentenza “Borruso”: Cass., Sez. Prima, 18
(18) Sul diritto all’oblio, v. Cass. 5 aprile 2012, n. 5525, in FORO IT., 2013, I, 305, con nota di E.
TUCCI, e CORTE GIUST. 13 maggio 2014, n. 131/12, ivi, 2014, IV, 295, con nota di A.
PALMIERI, R. PARDOLESI, Diritto all’oblio: il futuro dietro le spalle.
(19) V. TENORE (a cura di), Il giornalista e le sue quattro responsabilità, cit.
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