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DOTTRINA
Appare dunque ormai indispensabile adottare un vero e proprio sistema
generale di governance per le esternazioni tramite social media, pur essendoci delle
condotte che vengono riconosciute come corrette nell’ambito del web e sono
riunite sotto il termine di netiquette: una serie di regole che “dovrebbero” essere
rispettate durante un’interazione con utenti di internet (blog, forum, community,
semplici commenti).
Tali regole permettono una buona condotta degli utenti nel rispetto degli
uni verso gli altri, ma si tratta di regole non riconosciute dalla legge, e quindi un
utente è con maggior difficoltà soggetto a sanzioni (penali, civili o disciplinari)
se il rispetto di esse viene a mancare.
In aggiunta a tale auspicio di una normazione generale, in ogni caso, come
si vedrà nei successivi paragrafi, nei singoli “micro-ordinamenti” (ad esempio,
impiego pubblico, ordini professionali, impiego privato) esistono già, ma
andrebbero meglio codificate, delle regole interne comportamentali per un uso
consapevole delle piattaforme social.
Lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un recente
intervento tenuto il 5 aprile 2019 presso la Scuola superiore della magistratura
di Scandicci, ha rimarcato la necessità di una maggior attenzione alla sobrietà
nei comportamenti e nelle esternazioni mediatiche anche perché gli strumenti
social sono “strumenti che, se non amministrati con prudenza e discrezione,
a) pubblici, b) chiusi e c) segreti - in relazione alle impostazioni di privacy fornite dalla piatta-
forma: a) il gruppo pubblico può essere visualizzato, conoscendone il nome, da chiunque e
tutti gli iscritti a Facebook possono accedere ai contenuti pubblicati sulla relativa bacheca e,
previa iscrizione, contribuire ai medesimi, b) il gruppo chiuso può essere visualizzato da
chiunque ma l’accesso ai contenuti e la partecipazione ai medesimi sono riservati ai soli
membri e l’iscrizione può avvenire su invito dell’amministratore o dei partecipanti nonché,
previa richiesta dell’interessato, su autorizzazione dell’amministratore, c) il gruppo segreto
può invece essere visualizzato dai soli aderenti e l’iscrizione può avvenire esclusivamente su
invito dell’amministratore o dei partecipanti che sono gli unici ad accedere e contribuire ai
contenuti. La pubblicità della comunicazione ovvero la destinazione ad un numero indeter-
minato di destinatari è valorizzata dalla giurisprudenza penale quale aggravante della diffa-
mazione in caso di messaggi offensivi postati su social network come la bacheca Facebook (Cass.
pen., Sez. Prima, 22 gennaio 2014, n. 16712, in FORO IT., 2014, II, 410; 28 aprile 2015, n.
24431, ivi, 2015, II, 691; Sez. Quinta, 13 luglio 2015, n. 8328, in RESP. CIV. E PREV., 2017,
186, con nota di C. CURRELI, La diffamazione su Facebook, tra diritto sostanziale e profili probatori;
7 ottobre 2016, n. 2723, in www.quotidianogiuridico.it, 2017; 14 novembre 2016, n. 4873,
in FORO IT., 2017, Seconda, 251, con nota di F. Di CIOMMO, Responsabilità dell’internet hosting
provider, diffamazione a mezzo Facebook e principio di tassatività della norma penale: troppa polvere sotto
il tappeto; 3 maggio 2018, n. 40083. L’aggravante è stata peraltro riconosciuta a prescindere
dalle opzioni di condivisione prescelte dal titolare del profilo, interpretazione che ha suscita-
to perplessità in dottrina, cfr. G. CORRIAS LUCENTE, La diffamazione a mezzo Facebook,
in www.medialaws.eu, 25 febbraio 2013; D. PETRINI, Diffamazione on line: offesa recata con “altro
mezzo di pubblicità” o col mezzo della stampa?, in DIR. PEN. E PROC., 2017, 1485) o trasmessi via e-
mail con modalità forward (Cass. pen., Sez. Quinta, 6 aprile 2011, n. 29221, in REP. FORO IT.,
2011, voce Ingiuria e diffamazione, n. 69).
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