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LE FRODI COMMERCIALI IN AMBITO AGRO-ALIMENTARE
In materia agro-alimentare le contestazioni più diffuse nella prassi giudi-
ziaria - subito dopo quelle riguardanti l’igiene degli alimenti ex artt. 5 e 6 della
Legge 30 aprile 1962, n. 283 citata - concernono difatti la disposizione in ogget-
to, alla quale è stata dedicata particolare attenzione in un separato paragrafo
(cfr. infra sub 6). Assume rilievo la divergenza tra quanto dichiarato o pattuito e
quanto consegnato, divergenza che può essere sia qualitativa (quando riguarda
origine, provenienza, qualità) sia quantitativa.
Nell’interpretazione giurisprudenziale la fattispecie si è prestata in pro-
gresso di tempo a divenire la norma penalistica di riferimento anche per le vio-
lazioni in tema di etichettatura, presentazione del prodotto, claim e advertising,
allorquando le relative informazioni siano reputate ingannevoli .
(14)
Al riguardo, è utile rilevare che l’art. 7 del Regolamento 1169/2011 UE del
Parlamento Europeo e del Consiglio stabilisce il principio secondo cui le infor-
mazioni fornite dall’azienda produttrice riguardo le caratteristiche di un prodot-
to devono essere ispirate al principio di lealtà, per conseguire il risultato di una
informazione precisa, chiara e facilmente comprensibile e, d’altro canto, per
scongiurare fenomeni di induzione in errore del consumatore riguardo la natu-
ra, la composizione e l’origine dell’alimento.
Non basta tuttavia che le informazioni, il messaggio pubblicitario o l’eti-
chetta siano unfair, cioè sleali, per configurare la fattispecie di frode in commer-
cio: si richiede che la slealtà si risolva in una dichiarazione fraudolenta in ordine
alle caratteristiche quali-quantitative del prodotto alimentare, così come indivi-
duate dalla norma incriminatrice di cui all’art. 515 c.p.
La seconda fattispecie prevista dal Capo II del Titolo VII del Codice
Penale è costituita dall’art. 516 c.p. (“Vendita di sostanze alimentari non genuine
come genuine”) . La norma ha riguardo non solo alla cosiddetta genuinità
(15)
naturale (in relazione, cioè, alle ipotesi di alterazione degli alimenti nella loro
essenza, ovvero di composizione mediante commistione di sostanze estranee,
ovvero ancora di sottrazione di princìpi nutritivi rispetto a quelli prescritti,
ovvero ancora di produzione di alimenti con sostanze in sé genuine ma in una
percentuale superiore o inferiore rispetto a quella consentita dalla legge) , ma
(16)
anche alla cosiddetta genuinità formale e cioè alla conformità ai protocolli e ai
disciplinari di produzione (ad esempio quelli afferenti il parmigiano) , con i
(17)
(14) Cfr. Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 3 maggio 2013, n. 19093.
(15) “Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimen-
tari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 1.032”.
(16) Cassazione penale, sezione III, 6 luglio 2004, n. 38671: “Configura il reato di cui all’art. 516 c.p.
la vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine, la vendita come carne fresca di
puro suino contenente anche carne bovina, atteso che per sostanza alimentare non genuina
deve intendersi anche quella che non contiene le sostanze ed i quantitativi previsti”.
(17) Cfr. Cassazione penale, sezione III, 16 dicembre 2005, n. 9643: “Configura il reato di cui all’art.
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