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IL CONFINE TRA FASE AMMINISTRATIVA E PENALE NEI CONTROLLI AMBIENTALI
limiti di emissione) derivi da altri elementi processuali oppure sia fondata su
massime di comune esperienza .
(8)
Peraltro, qualora manchino analisi validamente eseguite, se è vero che, “in
applicazione del principio del libero convincimento, il giudice può pervenire alla
conclusione che vi è stato superamento dei limiti, è necessario, però, un accerta-
mento particolarmente rigoroso, attraverso un congruo esame delle specifiche
caratteristiche inquinanti peculiari all’impianto, delle concrete modalità dell’episo-
dio di sversamento e delle componenti chimiche e fisiche confluenti nel refluo” .
(9)
Le questioni da esaminare riguardano:
a) l’avviso dello svolgimento delle analisi;
b) le regole da seguire per lo svolgimento delle analisi.
Per ciascuna di queste fasi varie sono le problematiche da affrontare.
a) L’avviso dello svolgimento delle analisi
L’art. 223 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. richiede l’avviso all’in-
teressato del giorno, dell’ora e del luogo ove le analisi verranno effettuate:
- al primo comma, per le analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione;
- al secondo, nell’ipotesi in cui è prevista la revisione delle analisi e questa
sia richiesta dall’interessato.
La concreta possibilità di effettuare la revisione delle analisi “è collegata al
dato obiettivo della non deteriorabilità del campione, sussistendo altrimenti la fisica
impossibilità di reiterazione delle stesse, cosicché quando il campione non è dete-
riorabile, deve ritenersi legittimamente esclusa dalla legge la partecipazione degli
interessati alle prime analisi, proprio perché la revisione consentirebbe comunque,
sebbene in un momento successivo, l’esercizio delle garanzie difensive” .
(10)
(8) Cfr., ex multis, Cass. pen., sez. III, n. 10794/1988, con riferimento ai rifiuti liquidi e solidi di
una porcilaia, non sottoposti ad alcuna depurazione e scaricati in modo brutale nell’ambien-
te; sez. III, n. 3331/1991, con riferimento ai reflui provenienti da deiezioni di numerosi ani-
mali di un allevamento avicolo, non sottoposte ad alcuna depurazione e scaricati in modo
incontrollato nell’ambiente (nella specie si trattava di reflui provenienti da un allevamento di
circa ottantamila galline); sez. III, n. 7705/1991, in una fattispecie in cui la P.G. aveva certi-
ficato la presenza di sostanze quali cromo, arsenico, piombo, tipiche in rifiuti di concerie e
lo stesso imputato aveva ammesso l’esistenza dei rifiuti nocivi ridimensionandone solo
l’aspetto quantitativo, ma non aveva fornito una adeguata prova contraria.
(9) Cass. pen., sez. III, n. 11542/1999. Conforme Cass. pen., sez. III, n. 4278/2000, che richiede
“un livello di certezza sostanzialmente pari a quello delle analisi stesse, tale cioè da renderne superflua la
mancanza, a qualunque causa sia dovuta” (e non ha pertanto ritenuto la semplice testimonianza
del verbalizzante “sufficiente a fondare tale dato di comune esperienza - viste le modeste dimensioni del-
l’azienda in oggetto, a conduzione familiare, con ridotta produzione di liquami - avendo questi rilevato sem-
plici rivoli naturali provenienti, a seguito di precipitazioni atmosferiche, dalla stalla del ricorrente”).
(10) In tal senso, secondo il consolidato orientamento, Cass. pen., sez. Fer., n. 34396/2011 (fatti-
specie in tema di analisi di alimenti).
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