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DOTTRINA
rappresentazione coerente e attuale degli elementi di permeabilità mafiosa. In
tal senso, il Consiglio di Stato ha ribadito che “solo di fronte a un fatto inesi-
stente o obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefet-
tizio, in questa materia, deve arrestarsi” . In un’ottica più garantista, al con-
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trario, si muove parte della dottrina recente, tendente a ravvisare nella fumo-
sità dei presupposti dell’istituto seri dubbi circa la compatibilità di questo con
i principi di tassatività e determinatezza, ciò anche in ragione di uno sguardo
che, valorizzando il dato sostanziale, vuole farne emergere la natura afflittiva
e, pertanto, legarne l’applicazione alle garanzie dell’ordinamento punitivo .
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Sul punto è intervenuta la giurisprudenza della Corte europea che, in alcuni
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casi, ha riconosciuto la natura sostanzialmente penale di alcune sanzioni ammini-
strative, aprendo le porte dunque a uno scrutinio sempre più sganciato dal
dato meramente formale del nomen juris.
Tornando all’eccesso di potere, il suo configurarsi come vizio di legittimità
afferente a profili di merito - in quanto si insinua tra l’adozione del provvedi-
mento e i suoi presupposti -, permette al giudice di valutare, seppur indiretta-
mente, la sostanziale congruità della misura con gli elementi sintomatici rilevati
dal Prefetto: “da questo punto di vista, il giudice amministrativo conosce anche
il fatto e, in tal senso, deve tenerne presente” . Controllo effettuato in termini
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di logicità - e non di opportunità - sull’adeguatezza dell’istruttoria, sulla razio-
nalità dell’apprezzamento degli elementi accertati, sulla ragionevolezza e pro-
porzionalità delle decisioni assunte.
In tal senso, a ragione si è individuato nel vizio in esame l’unico vero argi-
ne a un eventuale “arbitrio amministrativo”: l’eccesso di potere, si è detto, rap-
presenta l’unico strumento nel panorama giuridico atto a vincolare il Prefetto a
un rispetto non formalistico del principio di legalità nell’adozione delle interdit-
tive antimafia . Esso, infatti, non solo garantisce la legittimità in re della misura
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adottata, ma assicura l’osservanza dei principi costituzionali dell’imparzialità e
del buon andamento della Pubblica Amministrazione nell’esercizio quotidiano
dell’attività provvedimentale: principi senza il rispetto dei quali uno Stato diffi-
cilmente potrà dirsi di diritto.
(54) Consiglio di Stato, sent. n. 1553/2019, cit. (con riferimento anche a C.d.S., sez. III, 30 gen-
naio 2019, n. 758)
(55) R. RUSSO, cit.
(56) In particolare, si fa riferimento alla nota sentenza “Grande Stevens c. Italia”, 4 marzo 2014,
(vedesi, per approfondimento, il commento di B. LAVARINI in DIR. PEN. E PROCESSO, 2014,
12, supplemento, 82).
(57) Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
straniere, audizione del Presidente del C.d.S. A. PAJNO, seduta 232, 14 novembre 2017.
(58) L. M. DELFINO, L’eccesso di potere nelle interdittive antimafia, cit.
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