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DOTTRINA



             rappresentazione coerente e attuale degli elementi di permeabilità mafiosa. In
             tal senso, il Consiglio di Stato ha ribadito che “solo di fronte a un fatto inesi-
             stente o obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefet-
             tizio, in questa materia, deve arrestarsi” . In un’ottica più garantista, al con-
                                                   (54)
             trario, si muove parte della dottrina recente, tendente a ravvisare nella fumo-
             sità dei presupposti dell’istituto seri dubbi circa la compatibilità di questo con
             i principi di tassatività e determinatezza, ciò anche in ragione di uno sguardo
             che, valorizzando il dato sostanziale, vuole farne emergere la natura afflittiva
             e, pertanto, legarne l’applicazione alle garanzie dell’ordinamento punitivo .
                                                                                      (55)
             Sul punto è intervenuta la giurisprudenza della Corte europea  che, in alcuni
                                                                         (56)
             casi, ha riconosciuto la natura sostanzialmente penale di alcune sanzioni ammini-
             strative, aprendo le porte dunque a uno scrutinio sempre più sganciato dal
             dato meramente formale del nomen juris.
                  Tornando all’eccesso di potere, il suo configurarsi come vizio di legittimità
             afferente a profili di merito - in quanto si insinua tra l’adozione del provvedi-
             mento e i suoi presupposti -, permette al giudice di valutare, seppur indiretta-
             mente, la sostanziale congruità della misura con gli elementi sintomatici rilevati
             dal Prefetto: “da questo punto di vista, il giudice amministrativo conosce anche
             il fatto e, in tal senso, deve tenerne presente” . Controllo effettuato in termini
                                                        (57)
             di logicità - e non di opportunità - sull’adeguatezza dell’istruttoria, sulla razio-
             nalità dell’apprezzamento degli elementi accertati, sulla ragionevolezza e pro-
             porzionalità delle decisioni assunte.
                  In tal senso, a ragione si è individuato nel vizio in esame l’unico vero argi-
             ne a un eventuale “arbitrio amministrativo”: l’eccesso di potere, si è detto, rap-
             presenta l’unico strumento nel panorama giuridico atto a vincolare il Prefetto a
             un rispetto non formalistico del principio di legalità nell’adozione delle interdit-
             tive antimafia . Esso, infatti, non solo garantisce la legittimità in re della misura
                         (58)
             adottata, ma assicura l’osservanza dei principi costituzionali dell’imparzialità e
             del buon andamento della Pubblica Amministrazione nell’esercizio quotidiano
             dell’attività provvedimentale: principi senza il rispetto dei quali uno Stato diffi-
             cilmente potrà dirsi di diritto.
             (54)  Consiglio di Stato, sent. n. 1553/2019, cit. (con riferimento anche a C.d.S., sez. III, 30 gen-
                  naio 2019, n. 758)
             (55)  R. RUSSO, cit.
             (56)  In particolare, si fa riferimento alla nota sentenza “Grande Stevens c. Italia”, 4 marzo 2014,
                  (vedesi, per approfondimento, il commento di B. LAVARINI in DIR. PEN. E PROCESSO, 2014,
                  12, supplemento, 82).
             (57)  Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche
                  straniere, audizione del Presidente del C.d.S. A. PAJNO, seduta 232, 14 novembre 2017.
             (58)  L. M. DELFINO, L’eccesso di potere nelle interdittive antimafia, cit.

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