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DOTTRINA



             limite tra il concorso esterno, l’agevolazione mafiosa e il mero asservimento
             che, sebbene inattivo, è in questo contesto rilevante per esplicita previsione nor-
             mativa. La mancata denuncia, la passività, l’incapacità di reagire dell’imprendito-
             re-vittima sono condotte penalmente irrilevanti, in quanto scriminate dallo stato
             di necessità che, ciononostante, contribuiscono a rafforzare quel clima di assog-
             gettamento e di omertà attraverso il quale la mafia si insinua indisturbata tra le
             dolorose ferite dell’economia legale. Una realtà, quella appena descritta, in cui il
             discrimen tra impresa mafiosa e impresa vittima assume contorni sempre più eva-
             nescenti: come due cerchi affiancati che si intersecano perfettamente , tra di esse
                                                                            (35)
             resta un segmento di totale sovrapposizione; spazio, quest’ultimo, la cui qualifica-
             zione giuridica si rivela assai più ardua di quanto prima facie possa apparire.
                  Alla luce di quanto considerato, proprio per non lasciare esenti da sanzio-
             ne tutte quelle collaborazioni compiacenti, caratterizzate da un reciproco van-
             taggio illecito, tra imprenditori, amministratori e mafiosi ed estendere le respon-
             sabilità penali oltre il limite della partecipazione attiva, lo Stato ha progressiva-
             mente affinato gli strumenti di contrasto alla contiguità mafiosa, in particolare
             attraverso l’elaborazione giurisprudenziale del “concorso esterno” e l’introdu-
             zione dell’aggravante ex art. 7, Legge 203/1991. Tuttavia, è estranea al sistema
             delle  informative  antimafia  qualsiasi  logica  penalistica  di  certezza  probatoria
             raggiunta al di là del ragionevole dubbio, poiché simile logica vanificherebbe la
             finalità anticipatoria dell’informativa, che è quella di prevenire un grave pericolo
             e non già quella di punire una condotta penalmente rilevante .
                                                                        (36)
                  Il livello di prova raggiungibile nella misura in esame, proprio in ragione
             della sua natura cautelare, non corrisponde a quello richiesto dall’ordinamento
             penale: mentre al processo penale corrisponde un’area probatoria compresa tra
             “l’indizio suscettivo di approfondimenti e la vera e propria prova”, il processo
             di prevenzione ricomprende l’area che va “dal sospetto oggettivamente suffra-
             gato all’indizio confinante con quello sufficiente ad attivare la normale repres-
             sione penale” . In questo senso, la dottrina  ha più volte evidenziato i non
                          (37)
                                                        (38)
             pochi profili di criticità sottostanti a tale principio.
             (35)  S. DE FLAMMINEIS, Impresa mafiosa ed impresa vittima: segmenti di intersecazione e la figura del concor-
                  rente esterno estorto, DIRITTO PENALE CONTEMPORANEO, 27 febbraio 2018.
             (36)  Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 1846, 9 maggio 2016, NOCCELLI.
             (37)  G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto Penale - Parte generale, 881 (richiamato dal TONNARA nel citato
                  articolo con riferimento all’anticipazione della tutela operata dal provvedimento del Prefetto,
                  perché basato non su un accertamento giurisdizionale, ma su rapporti di polizia, cointeressenze economiche,
                  e, spesso, massime di esperienza).
             (38)  Ex plurimis: R. RUSSO, cit.; P. TONNARA, cit. (in particolare con riferimento all’economia pri-
                  vata e ai limiti dell’aggiornamento); L. M. DELFINO, L’eccesso di potere nelle interdittive antimafia,
                  FILODIRITTO, 7 gennaio 2016.

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