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LE INTERDITTIVE ANTIMAFIA: TRA DISCREZIONALITÀ E ARBITRIO
Nel 2015 una delle società coinvolte riuscì a ottenere la tanto sospirata
iscrizione alla White List. Eppure, “l’ombra della collusione” riaffiorò, portando
la Prefettura di Caltanissetta a mutare indirizzo e negare l’iscrizione, colpendo
l’impresa con una misura interdittiva. Le denunciate estorsioni, invero, avrebbe-
ro comportato “un pericolo concreto di infiltrazione mafiosa in grado di con-
dizionare le scelte e gli indirizzi della società in questione” . Il titolare, sconvol-
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to e sull’orlo del fallimento, deciderà di farla finita. Emerge con prepotenza, in
queste e simili circostanze, l’intrinseca afflittività dei provvedimenti interdittivi
- misure in grado di paralizzare ogni rapporto tra impresa gravata da indizi di
mafiosità e Pubblica Amministrazione -. Provvedimenti che determinano una
vera e propria “incapacità giuridica”, impedendo tout court al destinatario di esse-
re titolare di situazioni giuridiche soggettive che implichino l’intrattenere rap-
porti economici con lo Stato . Si fa imperante l’esigenza di ancorarne l’appli-
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cazione a saldi criteri di giudizio, affinché la discrezionalità non sfoci in arbitrio.
Criteri, questi ultimi, fondati su attuali e concreti elementi presuntivi, in grado
di qualificare come più probabile che non il pericolo di eventuali tentativi di infil-
trazione mafiosa. Un pericolo, per l’appunto: mera “probabilità di un evento” .
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L’istituto dell’informativa antimafia, come attualmente strutturato, si basa
su “una logica di anticipazione della difesa sociale, finalizzata ad assicurare una
tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività criminali” .
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Una logica, quest’ultima, che rivela la vera natura della misura in esame:
“frontiera avanzata”, imposta dalla radicalizzazione del “continuo confronto tra
Stato e anti-Stato”, volta a consentire alle Prefetture il decisivo ricorso a “stru-
menti, accertamenti, collegamenti, risultanze” anche atipici “come atipica, del
resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini” .
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Il provvedimento interdittivo, per l’appunto, è disgiunto perfino dagli esiti
di un eventuale giudizio penale, ben potendo intervenire sulla base di condotte
penalmente irrilevanti, dalle quali sia però possibile inferire un tentativo di infil-
trazione mafiosa attuale ed effettivo.
(7) F. CAVALLARO, cit.
(8) Consiglio di Stato (Ad. Plen.), sent. n. 3 del 6 aprile 2018, FORLENZA (con riferimento a C.d.S.,
Sez. IV, 20 luglio 2016, n. 3247). È quindi preclusa al soggetto colpito, anche alla luce dell’art.
67 del Codice Antimafia, “ogni possibilità di ottenere ‘contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre
erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato’ stante l’esigenza di
evitare ogni ‘esborso di matrice pubblicistica’ in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali”.
(9) Consiglio di Stato, Sez. III, sent. n. 1553 del 6 marzo 2019, FERRARI (il corsivo è aggiunto).
(10) T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, sent. n. 463 del 19 aprile 2018, RAVASIO; in tal senso, il
Tribunale fa riferimento a numerosi precedenti del Consiglio di Stato, ex plurimis: C.d.S. sez.
III, 11 agosto 2017, n. 4000; C.d.S. sez. III, 26 maggio 2017, n. 2480.
(11) Consiglio di Stato, sent. n. 1553/2019, cit.
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