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DOTTRINA
Le interdittive antimafia
tra discrezionalità e arbitrio
(*)
Tenente
Julian COLAMEDICI
A disposizione per Incarichi Speciali
del Comandante del Reggimento Allievi
dell’Accademia Militare di Modena
Abstract
Le interdittive antimafia, paralizzando ogni rapporto tra impresa gravata da indizi di
mafiosità e Pubblica Amministrazione, impediscono tout court al soggetto da esse colpito
la titolarità di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva che comporti l’intrattenimento di
rapporti economici con lo Stato . Queste ultime, peraltro, vengono adottate al termine di
(1)
un procedimento strutturalmente amministrativo, dove regole di giudizio e “dati di comu-
ne esperienza” si integrano a reciproco vantaggio, affidando all’Autorità prefettizia uno
strumento di inedita afflittività, al fine di contrastare una criminalità economica sempre
più pervasiva e penetrante . Ciononostante, la dinamicità operativa di simili strumenti,
(2)
intimamente connessa all’efficienza delle loro conseguenze, impone una riflessione ulte-
riore: come evitare gli irreparabili danni che un esercizio eccessivamente disinvolto di tale
istituto potrebbe causare? Appare, dunque, sempre meno trascurabile l’esigenza, emersa
dall’evolvere della prassi e dall’incalzante voce della dottrina, di ancorarne l’applicazione a
saldi criteri di giudizio. Come ogni espressione di discrezionalità amministrativa, infatti,
anche il potere interdittivo è sottoposto al vaglio del giudice amministrativo. Un vaglio, tut-
tavia, particolarmente ristretto, che guarda all’esercizio del suddetto potere soltanto sotto
i profili di logicità e ragionevolezza, trascurando ogni valutazione relativa all’accertamento
nel merito dei fatti. In questo senso, nell’applicazione del provvedimento interdittivo, la
prognosi del pericolo di infiltrazione mafiosa andrebbe sorretta da un complesso indizia-
rio oggettivo e ben ponderato, affinché la discrezionalità non si ripieghi su sé stessa, dege-
nerando in arbitrio.
(*) Articolo sottoposto a referaggio anonimo.
(1) Consiglio di Stato (Ad. Plen.), sent. n. 3 del 6 aprile 2018, FORLENZA (con riferimento a C.d.S.,
Sez. IV, 20 luglio 2016, n. 3247). È quindi preclusa al soggetto colpito, anche alla luce dell’art.
67 del Codice Antimafia, “ogni possibilità di ottenere ‘contributi, finanziamenti e mutui agevolati e altre
erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato’ stante l’esigenza di
evitare ogni ‘esborso di matrice pubblicistica’ in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali”.
(2) T.A.R. Piemonte -Torino, cit.; con riferimento a C.d.S. sez. III, 30/11/2017, n. 5623.
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