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DOTTRINA



                  In questo senso mi sembra opportuno, in questa sede, citare alcune con-
             siderazioni di natura esistenziale sviluppate dallo psichiatra austriaco Viktor E.
             Frankl (2005), poiché a partire da queste si possono aprire utili riflessioni anche
             sul fenomeno dello stalking.
                  Secondo Frankl l’uomo è un essere la cui caratteristica essenziale é rappre-
             sentata dalla libertà che va intesa come la capacità dell’uomo di dare un signifi-
             cato alla sua vita, di costruire la propria felicità o infelicità: un compito del tutto
             personale.
                  Quando la persona delega questo compito ad altri o ad altre cose, allora
             egli può sperimentare un vuoto esistenziale. Non è l’evento in sé ma il modo in
             cui viene vissuto quell’evento, è l’atteggiamento assunto nei confronti di quanto
             accade a costituire il cuore del problema. Secondo lo psichiatra austriaco, il
             principio dinamico dell’esistenza è la volontà di significato: ogni uomo è orien-
             tato alla ricerca di un senso per la propria esistenza. Perché questa ricerca abbia
             esito positivo è sufficiente che la persona realizzi la sua naturale auto-trascen-
             denza, ovvero: “l’essere umano deve sempre essere indirizzato, deve sempre
             puntare su qualcosa o qualcuno diverso da lui stesso e cioè su un significato da
             realizzare o su un altro essere umano da incontrare, su una causa da servire o
             su una persona da amare”.
                  Un atteggiamento opposto lo ritroviamo in quello che Frankl chiama indi-
             viduo autocentrato, vale a dire fondamentalmente centrato su di sé e sui propri
             bisogni. Si tratta di un atteggiamento per il quale il benessere personale diviene
             l’oggetto  primario  dell’intenzione  e  l’altro-da-sé  (la  persona  da  incontrare,  il
             compito da realizzare) rappresenta soprattutto un mezzo per il raggiungimento
             della felicità. Tale atteggiamento risulta fondato su una premessa erronea: la
             felicità diviene l’oggetto dell’intenzione primaria e diretta dell’agire umano, lad-
             dove il più delle volte, è solo una conseguenza dello sforzo di trovare il signifi-
             cato della propria esistenza. L’uomo ha bisogno di una ragione per essere felice:
             e tale ragione può essere rappresentata sia dall’incontro esistenziale, affettivo ed
             effettivo, con altre persone sia dall’attuazione del compito della propria esisten-
             za concreta.
                  L’atteggiamento  autocentrato,  al  contrario,  strumentalizza  le  situazioni
             esterne: il partner, il lavoro, lo studio, la libertà, il proprio corpo assumono per
             l’individuo autocentrato un valore strumentale in quanto sono visti soprattutto
             come mezzi per raggiungere il successo, il potere, il piacere, il benessere.
                  Questo individuo pensa erroneamente: “sarò felice solo se starò con il
             mio partner, solo se avrò successo nello studio o nel lavoro, solo se sarò sempre
             libero di fare ciò che voglio” e così via. Quando tali condizioni vengono irrime-


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