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STALKING: CO-COSTRUZIONE DI UNA RELAZIONE?



               prospettiva fenomenologico-esistenziale possiamo guardare allo stalking come
               ad una relazione Io-Esso, dove entrambi i membri della diade contribuiscono,
               in funzione del soddisfacimento di bisogni personali, al mantenimento della
               stessa. L’uno si relaziona all’altro non in quanto Tu ma in quanto Esso, l’altro,
               dal canto suo, si vive in quanto Esso, ovvero oggetto e non soggetto, il cui
               senso nel mondo si struttura nel soddisfacimento dell’esigenze e aspettative
               altrui.
                     Nell’utilizzare i termini Io-Tu e Io-Esso si fa riferimento al principio dia-
               logico espresso da Martin Buber (1993) nella sua opera più famosa. L’autore
               individua una propensione duplice verso il mondo: la relazione Io-Tu e la rela-
               zione Io-Esso: “La prima parola Io-Tu non può essere detta se non dall’essere
               tutto intero, invece la parola Io-Esso non può mai essere detta con tutto l’esse-
               re” (ibidem). Di primo acchito, si potrebbe essere indotti a pensare che la rela-
               zione Io-Tu alluda ai rapporti con gli altri uomini e la relazione Io-Esso si rife-
               risca invece a quelli con le cose inanimate. In realtà la questione è più comples-
               sa, in quanto l’Esso può comprendere anche un Lui o una Lei reificati, ovvero
               trasformati in oggetto dall’Io.
                     Secondo  Buber  l’uomo  non  può  vivere  senza  dialogo,  tuttavia,  chi  si
               addentra nell’universo del dialogo assume un rischio considerevole dal momen-
               to che la relazione Io-Tu esige un’apertura totale dell’Io, esponendosi quindi
               anche al rischio del rifiuto. Per poter co-costruire una relazione con un Tu è
               necessario “vedere l’altro” e questo implica anche il riconoscere aspetti di sé che
               non si sarebbero riconosciuti senza l’altro. Questo riconoscimento di sé nella
               relazione con l’altro non sempre apre a qualcosa di piacevole, anzi, molte volte,
               l’altro può divenire quello specchio nel quale Dorian Gray si vede così com’è e
               non nella fissità del suo ritratto perfetto. Dice O. Rossi (2010): “se vuoi vedere
               come sei la pupilla dell’altro è il tuo specchio”. Nella relazione di stalking la per-
               cezione di sé e dell’altro è fissa, l’uno è spostato sull’Io-Mio l’altro sull’Esso-
               Tuo. Se la percezione di sé e dell’altro è fissa, anche il mondo relazionale diviene
               fisso. Se l’esporsi allo sguardo dell’altro, che permette l’incontro, è fisso, si fissa
               anche la relazione in modo delirante, ovvero non si accetta il rischio di co-
               costruire con l’altro la relazione.
                     La realtà soggettiva dell’Io-Tu si radica nel dialogo, mentre il rapporto
               strumentale Io-Esso si realizza nel monologo, che trasforma il mondo e l’essere
               umano stesso in oggetto. Nel piano del monologo l’altro è reificato - è perce-
               pito  e  utilizzato  (come  accade  nella  relazione  di  stalking)  -  diversamente  dal
               piano del dialogo, dove è incontrato, riconosciuto e nominato come essere sin-
               golare. L’Io dell’Io-Esso può essere indicato, secondo Buber, come l’individuo,


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