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RIFIUTO DI RICONOSCIMENTO DELLA “PROTEZIONE SUSSIDIARIA” A PERSONA
CONDANNATA A PENA DETENTIVA SUPERIORE A CINQUE ANNI
18 (relativo al «Riconoscimento dello status di protezione sussidiaria») del
(30)
medesimo regolamento, e, richiedendo la sussistenza di fondati motivi, debba
essere oggetto di una interpretazione restrittiva [punto 52].
Relativamente al fatto che la normativa interna relativa al diritto d’asilo
porterebbe a ritenere “reato grave” qualsiasi illecito punito dall’ordinamento
ungherese con un periodo di reclusione pari o superiore a cinque anni [punto
53], la Corte, afferma che, nonostante l’importanza assunta dall’entità della
pena sia di indubbio rilievo nella valutazione della gravità del crimine che porti
all’esclusione dallo status di protezione sussidiaria (ex lett. b), par. 1, art. 17 dir.
2011/95), tale disposizione potrà essere invocata dall’istituzione competente
«solo dopo aver effettuato, per ciascun caso individuale, una valutazione dei
fatti precisi di cui essa ha conoscenza», che consenta di determinare la sussi-
stenza di fondati motivi per ritenere che gli atti commessi dal soggetto siano
sufficienti a rientrare nella causa di esclusione [punto 55] .
(31)
(32)
7. Il dispositivo
Alla luce di queste numerose considerazioni la Corte di Giustizia
dell’Unione Europea risponde alla questione pregiudiziale affermando che «l’ar-
ticolo 17, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/95 deve essere interpretato
nel senso che esso osta a una legislazione di uno Stato membro in forza della
quale si considera che il richiedente protezione sussidiaria abbia «commesso un
reato grave» ai sensi di tale disposizione, il quale può escluderlo dal beneficio di
tale protezione, sulla sola base della pena prevista per un determinato reato ai
sensi del diritto di tale Stato membro», aggiungendo poi che «spetta all’autorità
o al giudice nazionale competente che statuisce sulla domanda di protezione sus-
sidiaria valutare la gravità dell’illecito considerato, effettuando un esame comple-
to di tutte le circostanze del caso individuale di cui trattasi». L’approccio è piut-
tosto innovativo, soprattutto riguardo alle conclusioni cui la Corte era giunta il
31 gennaio 2017, relativamente al più volte citato caso Lounani C-573/14.
(30) Per il quale «Gli Stati membri riconoscono lo status di protezione sussidiaria a un cittadino di
un paese terzo o a un apolide aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria in con-
formità dei capi II e V».
(31) Vedere, per analogia, sentenze del 9 novembre 2010, B e D, C 57/09 e C 101/09,
EU:C:2010:661, punto 87, e del 31 gennaio 2017, Lounani, C 573/14, EU:C:2017:71, punto 72.
(32) A supporto della propria analisi, la Corte rileva come, in analoga direzione vadano sia una
relazione dell’Ufficio Europeo di sostegno per l’asilo (EASO) del gennaio 2016 [punto 56],
sia alcune raccomandazioni contenute nel manuale sulle procedure e i criteri da adottare per
la determinazione dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 e
del protocollo del 1967 [punto 57].
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