Page 113 - Rassegna 2019-1
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RIFIUTO DI RICONOSCIMENTO DELLA “PROTEZIONE SUSSIDIARIA” A PERSONA
                      CONDANNATA A PENA DETENTIVA SUPERIORE A CINQUE ANNI



             18  (relativo  al  «Riconoscimento  dello  status  di  protezione  sussidiaria»)  del
               (30)
             medesimo regolamento, e, richiedendo la sussistenza di fondati motivi, debba
             essere oggetto di una interpretazione restrittiva [punto 52].
                  Relativamente al fatto che la normativa interna relativa al diritto d’asilo
             porterebbe a ritenere “reato grave” qualsiasi illecito punito dall’ordinamento
             ungherese con un periodo di reclusione pari o superiore a cinque anni [punto
             53],  la  Corte,  afferma  che,  nonostante  l’importanza  assunta  dall’entità  della
             pena sia di indubbio rilievo nella valutazione della gravità del crimine che porti
             all’esclusione dallo status di protezione sussidiaria (ex lett. b), par. 1, art. 17 dir.
             2011/95), tale disposizione potrà essere invocata dall’istituzione competente
             «solo dopo aver effettuato, per ciascun caso individuale, una valutazione dei
             fatti precisi di cui essa ha conoscenza», che consenta di determinare la sussi-
             stenza di fondati motivi per ritenere che gli atti commessi dal soggetto siano
             sufficienti a rientrare nella causa di esclusione  [punto 55] .
                                                         (31)
                                                                      (32)


             7. Il dispositivo
                  Alla  luce  di  queste  numerose  considerazioni  la  Corte  di  Giustizia
             dell’Unione Europea risponde alla questione pregiudiziale affermando che «l’ar-
             ticolo 17, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/95 deve essere interpretato
             nel senso che esso osta a una legislazione di uno Stato membro in forza della
             quale si considera che il richiedente protezione sussidiaria abbia «commesso un
             reato grave» ai sensi di tale disposizione, il quale può escluderlo dal beneficio di
             tale protezione, sulla sola base della pena prevista per un determinato reato ai
             sensi del diritto di tale Stato membro», aggiungendo poi che «spetta all’autorità
             o al giudice nazionale competente che statuisce sulla domanda di protezione sus-
             sidiaria valutare la gravità dell’illecito considerato, effettuando un esame comple-
             to di tutte le circostanze del caso individuale di cui trattasi». L’approccio è piut-
             tosto innovativo, soprattutto riguardo alle conclusioni cui la Corte era giunta il
             31 gennaio 2017, relativamente al più volte citato caso Lounani C-573/14.


             (30)  Per il quale «Gli Stati membri riconoscono lo status di protezione sussidiaria a un cittadino di
                  un paese terzo o a un apolide aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria in con-
                  formità dei capi II e V».
             (31)  Vedere,  per  analogia,  sentenze  del  9  novembre  2010,  B  e  D,  C  57/09  e  C  101/09,
                  EU:C:2010:661, punto 87, e del 31 gennaio 2017, Lounani, C 573/14, EU:C:2017:71, punto 72.
             (32)  A supporto della propria analisi, la Corte rileva come, in analoga direzione vadano sia una
                  relazione dell’Ufficio Europeo di sostegno per l’asilo (EASO) del gennaio 2016 [punto 56],
                  sia alcune raccomandazioni contenute nel manuale sulle procedure e i criteri da adottare per
                  la determinazione dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 e
                  del protocollo del 1967 [punto 57].

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