Page 34 - Rassegna 2018-4
P. 34
STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI
inficiata dalla azione stessa che, nel consumarsi, esaurisce anche la vita del reo,
quindi la sua punibilità.
Per quanto attiene il secondo aspetto connesso alla natura aspecifica
delle vittime, va segnalato che tale caratteristica degli obiettivi, pur non annul-
lando l’attivabilità dei meccanismi difensivi propri dell’ordinamento giuridico,
li ritarda considerevolmente: atteso infatti che non è perseguibile colui il quale
afferma di essere intenzionato a ledere l’integrità dello Stato allorquando non
ne sia realmente capace, si estende l’area di impunibilità anche a colui che non
è capace di agire in tal senso ma che tuttavia lo faccia avvalendosi di strumenti
non tecnicamente complessi, con modalità e in tempi del tutto imprevedibili.
È questo il vulnus della tutela. Per una più estensiva applicazione della fattispe-
cie associativa disciplinata dall’art. 270-bis c.p. è necessario l’abbandono di
ogni impalcatura logico-giuridico costruita dalla Giurisprudenza per fronteg-
giare il reato associativo ex art. 416-bis c.p.; ciò non poiché detto sistema sia
affetto da obsolescenza bensì perché progettato per affrontare un reato di
altra natura.
Notorio è che le associazioni a delinquere di stampo mafioso siano conna-
turate da un sistema verticistico che, qui, potremmo definire a plurisoggettività
assoluta; con ciò volendosi intendere che i sodali - “gli affiliati” - non possono
prescindere da una direzione generale, totalitaria e stringente. Nella criminalità
organizzata spesso si rintracciano elementi di una vera e propria classe dirigente
che controlla un numero definito e certo di esecutori materiali, anche quelli mag-
giormente periferici, i quali letteralmente dipendono da essa. Al contrario, l’asso-
ciazione con finalità di terrorismo anche internazionale è caratterizzata da un
sistema verticistico a plurisoggettività relativa con dipendenza finalistica e rituale:
zionalità del diritto. Dubbie essendo soprattutto quelle fattispecie che pericolosamente ten-
gono in considerazione momenti preparatori, prodromici alla realizzazione del fatto o che
conducono, non l’agente, bensì un terzo alla realizzazione dello stesso. L’idoneità lesiva del-
l’evento programmato viene quindi assunta ad elemento costitutivo della fattispecie, la quale
non può dirsi realizzata ove il fatto, così come ideato dall’agente, non presenti elementi tali
da renderlo realmente connotato da un indice di lesività tale, in aggiunta, da essere conside-
rato “grave”; si presenti insomma come una “progettazione delirante o palesemente inade-
guata”. L’idoneità quindi concorre a circoscrivere il fatto punibile secondo il principio di tas-
satività, occorrendo che “le condizioni in cui matura l’azione denuncino univocamente
l’orientamento causale della condotta verso un evento dato, tipicamente previsto dalla legge
penale e diverso da ogni altro” (Cass. Pen. 2014). Per i delitti di cui trattasi ciò si traduce nella
necessità di accertare che l’agente volesse la realizzazione di uno dei danni contemplati dalla
norma, individuando quindi la sussistenza dell’elemento soggettivo come necessaria; in altre
parole il soggetto devi volere la realizzazione dello specifico evento dannoso con la sua azio-
ne, non potendo lo stesso semplicemente conseguire per pure coincidenze fattuali, tra l’altro
al di fuori del controllo attivo del reo. Sono quindi necessari due elementi: una delle condotte
di cui all’art. 270-sexies (delineante quali sono le “condotte con finalità di terrorismo)” e un
“grave danno”.
32