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ASSOCIAZIONISMO DELINQUENZIALE FINALIZZATO
                                  AL COMPIMENTO DI ATTI DI TERRORISMO



                    • attacchi suicidiari (suicidal), l’agente uccide l’obiettivo combattendo con
               tutti coloro che si porranno sul suo cammino fino alla propria morte, che per
               questo motivo viene accettata sin dall’inizio come inevitabile decorso della pro-
               pria azione terroristica.
                    L’analisi compiuta, a dispetto del comune sentire, ha evidenziato una
               tendenza sempre maggiore alla consumazione di attacchi di autopreservazio-
               ne e suicidiari, a discapito di quelli appartenenti alla categoria delle azioni
               suicide .
                      (21)
                    Gli episodi registrati dal 2001 in poi, comunque, raramente hanno consen-
               tito la cattura di un membro di una cellula pienamente operante, essendo un
               unicum quanto accaduto a Salah Abdeslam, arrestato in seguito ad un conside-
               revole periodo di fuga successivo agli attentati di Parigi del marzo del 2015.
                    Detta circostanza ha prodotto quale precipitato giuridico che la persegui-
               bilità della condotta, rectius del reo, tenuto conto del dettato legislativo, anche
               alla luce dell’interpretazione dei Giudici di legittimità , risulta notevolmente
                                                                    (22)
               (21)  In particolare, il 39% del totale degli attacchi ricade nella categoria “suicidi”, il 17% in quella
                    “suicidiari” e il 44% in quella “di autopreservazione” (quindi, un totale del 61% di attacchi
                    diversi da quelli suicidi).
               (22)  Le fattispecie disciplinate dall’art. 270-quinquies e 280 c.p. configurano un reato di pericolo
                    che la giurisprudenza ha evidentemente circoscritto con un intervento interpretativo che ha
                    sostanzialmente prodotto un requisito avulso dal dettato legislativo. Infatti, ormai consolida-
                    ta giurisprudenza accompagna l’elemento soggettivo del reato con un elemento oggettivo
                    non emerso dalla volontà legislativa ma alla stessa ritenuto intrinseco. Sostenitori di siffatta
                    lettura, agendo in ottica comparatistica, individuano nel Strafgesetzuch elementi di conforto.
                    La norma tedesca, seppur strutturata diversamente, sostanzialmente richiede la ricorrenza di
                    due presupposti: un dato soggettivo, ravvisabile nella direzione finalistica della condotta; un
                    dato oggettivo, ravvisabile nell’idoneità della stessa a mettere in pericolo il bene protetto
                    (vedi anche R. WENIN L’addestramento per finalità di terrorismo alla luce delle novità introdotte dal D.l.
                    7/2015. “Non si punirebbe né la sola intenzione, non manifestata attraverso oggettivi dati di
                    fatto, né la mera realizzazione dei fatti descritti dalla norma in assenza di una precisa direzio-
                    ne finalistica della volontà”. Diritto Penale Contemporaneo. 2015). Sebbene la formulazione
                    risulti chiara non è stata anch’essa oggetto di un dibattitto dottrinario con il quale si è messa
                    in discussione l’opportunità di vincolare l’addebitabilità della condotta alla possibilità di dare
                    realmente seguito al programma criminoso. Siffatta lettura, ancorché giustificata da esigenze
                    giuridiche condivisibili, non appare pienamente conforme al dettato normativo che valorizza
                    l’elemento  fattuale  che,  anche  nella  dottrina  tedesca,  manifesta    un  conflitto  tra  principi
                    sovrani dell’ordinamento, risolvibile mediante il contemperamento degli stessi. Tale contem-
                    peramento deve prendere le mosse, come sempre, da una verifica di costituzionalità non solo
                    della norma, ma più in generale della volontà del legislatore. Questa volontà entrerebbe in
                    conflitto con il principio - supremo nel diritto penale - della centralità del fatto, del dato
                    oggettivo dal quale un eventuale giudizio di colpevolezza non può mai prescindere. Ciò ci
                    conduce, di riflesso, a negare la possibile positivizzazione di una fattispecie criminosa che sia
                    incentrata dal solo elemento volitivo. Acclarato che dolo e colpa costituiscano graduazione
                    della colpevolezza e non elemento costitutivo della stessa, ci si chiede se l’inesigibilità della
                    condotta - quale presupposto d’incriminazione - sia riscontrabile in reati connessi con l’uti-
                     lizzo del mezzo informativo, quali quelli di propaganda o mera informazione connessa con
                     il fenomeno jihadista. Ci si chiede se l’inesigibilità della condotta sia opponibile alla costitu-
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