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ASSOCIAZIONISMO DELINQUENZIALE FINALIZZATO
AL COMPIMENTO DI ATTI DI TERRORISMO
Il rischio cui potrebbe esporre l’accostamento dell’art. 110 c.p. all’art. 270-
bis c.p. è quello di un effetto moltiplicatore incontrollato delle condotte punibili
data l’elasticità connaturata ad entrambe le norme; il medesimo rischio di cui in
passato si è detta preoccupata la Giurisprudenza in tema di concorso esterno
in associazione mafiosa. In quest’ultima ipotesi tale rischio è stato scongiurato
mediante l’individuazione di un elemento tipico positivo in assenza del quale
non fosse possibile attivare il suddetto meccanismo: il criterio causale che, da
criterio di imputazione dell’evento, diventa criterio di tipizzazione della fattispe-
cie. Infatti è dalla pronuncia delle SS.UU. 33748 del 2005 in poi che può dirsi
incontroversa “l’astratta configurabilità del concorso eventuale di persone,
rispetto a soggetti diversi dai concorrenti necessari in senso stretto, in un reato
necessariamente plurisoggettivo proprio, quale è quello di natura associativa”.
Dunque il giudice, applicando gli ordinari criteri sul giudizio causale, ma
valutata l’efficacia causale dell’apporto dell’intraneus (non l’idoneità causale del-
l’apporto medesimo) sul piano oggettivo-organizzativo (non soggettivo-psico-
logico), qualora acquisisca la prova che l’agente abbia concorso al rafforzamen-
to dell’associazione, dovrebbe ritenere correttamente delineato il combinato ex
artt. 110-416-bis c.p. .
(27)
Di più, anche il dolo dell’extraneus, come quello dell’intraneus, deve essere
specifico; in altre parole è il dolo di colui che non intende far parte dell’associa-
zione ma che intende fornire un contributo dall’esterno, contributo che sa e
vuole essere diretto alla realizzazione delle finalità ultime del sodalizio. Affinché
possa parlarsi di concorso esterno in associazione mafiosa è quindi necessario
che l’extraneus abbia consapevolezza degli scopi e dei metodi dell’associazione,
anche qualora non li condivida.
(27) Sentenza SS. UU. Pen. n. 33748 del 12 luglio 2005. “Ma siffatta impostazione ermeneutica,
favorevole in linea di principio alla configurabilità dell’autonoma fattispecie di concorso
“eventuale” o “esterno” nei reati associativi, postula ovviamente che sussistano tutti i requi-
siti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale significativo del concorso di persone nel
reato. E cioè: da un lato, che siano realizzati, nella forma consumata o tentata, tutti gli ele-
menti del fatto tipico di reato descritto dalla norma incriminatrice di parte speciale e che la
condotta di concorso sia oggettivamente e soggettivamente collegata con quegli elementi
(arg. ex art. 115 cod. pen., circa la non punibilità del mero tentativo di concorso, nelle forme
dell’accordo per commettere un reato e dell’istigazione accolta a commettere un reato, non
seguite però dalla commissione dello stesso); dall’altro, che il contributo atipico del concor-
rente esterno, di natura materiale o morale, diverso ma operante in sinergia con quello dei
partecipi interni, abbia avuto una reale efficienza causale, sia stato condizione “necessaria” -
secondo un modello unitario e indifferenziato, ispirato allo schema della condicio sine qua
non proprio delle fattispecie a forma libera e causalmente orientate - per la concreta realiz-
zazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridi-
co protetto, che nella specie è costituito dall’integrità dell’ordine pubblico, violata dall’esi-
stenza e dall’operatività del sodalizio e dal diffuso pericolo di attuazione dei delitti-scopo del
programma criminoso”.
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