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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI




             sicurezza sul lavoro, in caso di delega è tenuto comunque a vigilare e controllare
             che le norme di prevenzione vengano praticate e fatte osservare dal delegato.
                  Oltre alle buone intenzioni legislative, però, la norma non è di agevole let-
             tura e collocazione.
                  L’unico  elemento  chiaro  è  che  essa  ha  stabilito  un  preciso  nesso  tra  il
             dovere di vigilanza proprio del datore di lavoro-delegante e il sistema di con-
             trollo costituente un frammento essenziale del più ampio “modello di organiz-
             zazione e di gestione” ex d.lgs. n. 231/2001 (di seguito anche “Modello”).
                  Tale Modello - chiamato in gergo MOG - ove ritenuto idoneo ed effica-
             cemente attuato [anche per il tramite di un valido Organismo di Vigilanza], è
             strettamente collegato all’adozione ed efficace implementazione del sistema di
             controllo sullo stesso che porterà anche il pieno esonero da responsabilità del
             delegante . In questo modo i due piani della responsabilità “amministrativa”
                      (4)
             dell’ente per omicidio colposo o lesioni colpose gravi e gravissime (art. 25-sep-
             ties D.Lgs. n. 231/2001) e della responsabilità penale individuale vengono for-
             temente intrecciati tra loro. Il quid pluris dell’odierno art. 16, comma 3, sta pro-
             prio nel dichiarare “assolto” il dovere di vigilanza in caso di adozione e concreta
             attuazione del sistema di controllo di cui all’art. 30, comma 4.
                  Ebbene, occorre aver chiaro, al riguardo, che tale specifica metodica orga-
             nizzativa non si riduce ad un’attività di audit indipendente sull’adempimento
             degli obblighi delegati e tanto meno alla mera previsione di un canale informa-
             tivo dal delegato al delegante: essa presuppone la ben più articolata strategia
             prevenzionistica insita nell’istituto del Modello ex d.lgs. n. 231/2001.
                  Ora è doverosa una parentesi per meglio comprendere il perimetro nel
             quale ci si muove.
                  Il legislatore del 2001 non ha ritenuto opportuno introdurre una disciplina
             troppo dettagliata sulla configurazione strutturale dell’organismo di vigilanza,
             anche al fine di consentire che esso possa essere modulato rispetto al grado di
             complessità aziendale, lasciando la più ampia libertà agli operatori del settore.
                  La ricostruzione della sua struttura va, perciò, effettuata alla stregua delle
             funzioni che gli sono state assegnate.
             (4)  Cfr., sul punto, D’ALESSANDRO, La delega di funzioni, cit., 1128 s., 1160 ss.; CASTRONUOVO, La
                  responsabilità degli enti collettivi per omicidio e lesioni alla luce del D.Lgs. n. 81 del 2008, in BASENGHI,
                  GOLZIO, ZINI (a cura di), La prevenzione dei rischi, cit., 334. Disapprova la commistione di que-
                  sti due ambiti di vigilanza, in quanto essi dovrebbero restare autonomi rispondendo ad esi-
                  genze diverse, BACCHINI, Misure di tutela e obblighi, cit., 258 s. Al contrario, ritengono pressoché
                  inevitabile, in un sistema che vede nell’organizzazione di un’attività aziendale sicura il fulcro
                  dei doveri datoriali, una sostanziale sovrapposizione tra gli addebiti colposi rivolti alle perso-
                  ne fisiche di livello apicale e la responsabilità per colpa di organizzazione ascrivibile all’ente,
                  PESCI, Violazione del dovere di vigilanza, cit., 3971, 3976 e VALENTINI, La «vecchia modernità» del
                  diritto penale, cit., 298.
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