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LA DELEGA DI FUNZIONI E VIGILANZA



                    In questa ottica, se la funzione coessenziale all’organismo è quella del con-
               trollo, ne deriva che esso dovrà necessariamente atteggiarsi, per ragioni di effet-
               tività, come un’istituzione autonoma e imparziale rispetto agli altri organi socie-
               tari, munita di un ampio corredo di poteri di ispezione e di sorveglianza.



               3.  L’Organismo di Vigilanza (OdV) nei sistemi di gestione del rischio da
                  vigilanza
                    Sulla scorta di questa premessa, la struttura dell’OdV si snoderà attraverso
               l’esame dei seguenti aspetti: (a) l’istituzione e la nomina; (b) i requisiti che ne devono
               marcare l’azione di controllo.
                    (a) Sul terreno dell’istituzione e costituzione è da ritenere che spetti al ver-
               tice della società la competenza a nominare l’organo interno. In favore di questa
               soluzione milita la circostanza che, nell’esercizio delle sue funzioni, l’organismo
               di controllo è chiamato a “dialogare” con il vertice, al quale, oltre ad essere lega-
               to contrattualmente, è ovviamente tenuto a riferire sull’attività svolta e sulla pre-
               senza di irregolarità o di situazioni a rischio che impongano l’immediato inter-
               vento della dirigenza . Per contro, nell’eventualità che l’amministrazione venga
                                   (5)
               esercitata collegialmente, senza ricorrere a deleghe, la nomina dell’organismo
               potrebbe anche far capo all’assemblea: in questo caso, tuttavia, l’organismo di
               controllo non potrebbe certo avere come interlocutore l’organo controllato (il
               consiglio di amministrazione), ma dovrebbe fare riferimento (per la segnalazio-
               ne di irregolarità o per l’attivazione di procedimenti disciplinari) al collegio sin-
               dacale e all’assemblea. Sono sin troppo evidenti le difficoltà di funzionamento
               di un simile sistema, che finirebbero per pregiudicare le istanze di fluidità e di
               tempestività che devono contraddistinguere il controllo interno.
                    (b) Sui requisiti occorre rilevare quanto segue. L’indipendenza è da riferire
               alle persone che lo compongono, che non devono trovarsi in conflitto di inte-
               ressi con la società, né appartenere ai vertici della stessa o comunque costituire
               espressione del gruppo di comando nella società. L’indipendenza dell’organi-
               smo va garantita collocandolo come unità di staff.


               (5)  Trattandosi di una struttura situata in dipendenza funzionale dal Consiglio di amministrazio-
                    ne o dall’amministratore delegato, vanta un ridotto tasso di autonomia rispetto a quello che
                    il decreto richiede per l’OdV: si pensi alla possibilità di esercitare poteri ispettivi in via del
                    tutto autonoma o “a sorpresa”, impensabili per una funzione la cui strategia operativa è pla-
                    smata dalle decisioni del vertice aziendale. Quanto alle società quotate, che aderiscono al
                    codice di autodisciplina (il cosiddetto codice Preda), spicca la presenza del Comitato di con-
                    trollo interno (Audit Committee): esso è parte del Consiglio di amministrazione e, dunque, sog-
                    giace al controllo voluto dal D.Lgs. n. 231/2001, sì che non appare possibile alcuna confu-
                    sione con l’OdV.
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