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TRIBUNA DI STORIA MILITARE



                    Il Comandante Taroni e i rimanenti Carabinieri percepirono nettamente
               che ormai non c’era più scampo per la loro vita una volta che alla porta di
               ingresso era stato appiccato il fuoco e che il soffitto della stanza del piano supe-
               riore, ove si erano chiusi, era stato scoperchiato. Dopo avere fatto sventolare il
               tricolore sabaudo e inneggiato al Re e all’Italia, gli ultimi Carabinieri Reali del
               paese di Ogliastro, condividendo il fiero richiamo all’onore militare rivolto loro
               dal Comandante Remigio Taroni, decisero di porre fine alla propria vita sparan-
               dosi un colpo alla tempia pur di non subire l’affronto di una morte inferta da
               una disumana plebaglia aizzata da cinici fomentatori d’odio.
                    Il Brigadiere Taroni, i Carabinieri Flocchini, Prato e Tettamanti caddero
               invitti, mentre il Carabiniere Nicola Bacileo cadrà agonizzante, morendo in
               seguito. Il Carabiniere Panizza resterà l’unico testimone vivente poiché erano
               finite le pallottole della pistola usata dai colleghi . Non è lontano dal vero,
                                                                (15)
               comunque, che gli sarà risparmiato il linciaggio forse dinanzi all’orrore susci-
               tato da quella carneficina, ma più probabilmente per timore delle future severe
               rappresaglie che lo Stato avrebbe inflitto su una Comunità che non si era oppo-
               sta allo sterminio dei suoi Carabinieri.
                    L’edificio di Ogliastro fu un sublime tempio di eroismo di Uomini in uni-
               forme che, isolati dalla loro catena di comando, seppero in solitudine e sponta-
               neamente obbedire ed eseguire il supremo comando dell’onore. Il loro sacrifi-
               cio, ed il tributo di sangue versato da tutti gli altri Carabinieri durante le giornate
               del ‘Sette e mezzo’, non è stato invano. Le loro figure giganteggiano nel nostro
               ricordo  perché  tutti  questi  Carabinieri  rappresentano  i  primi  Martiri  della
               Nuova Italia, la punta di diamante degli Italiani che fecero l’Italia.
                    Al di là di ogni intonazione retorica, va detto a chiare lettere e con animo
               sereno che i Carabinieri di Misilmeri e di Ogliastro, custodi dello Stato di diritto
               in quel lembo di terra sconosciuto alla maggior parte degli Italiani dell’epoca,
               non solo opposero una resistenza ad oltranza per difendere la legalità ma anche
               combatterono usque ad mortem per riaffermare i valori che saranno incisi cin-
               quanta anni dopo a Roma nel tempio del Vittoriano: l’unità della patria e la
               libertà dei cittadini. Essi, infatti, sentivano di essere Italiani prima che lo fossero
               e lo percepissero del tutto le altre genti della Penisola. In nome dell’Italia da uni-
               ficare  politicamente,  infatti,  avevano  accompagnato  Giuseppe  Garibaldi  da
               Gibilrossa a Palermo. Questi Carabinieri trucidati in terra di Sicilia possedevano
               un sentimento di italianità maturo e consapevole che forse doveva ancora lievi-
               tare in buona parte delle province recentemente annesse tra il 1860 e il 1861.

               (15)  L’arma con la quale si suicidarono era un revolver Lefaucheux modello 1861 in dotazione ai
                    Carabinieri Reali fino all’anno 1874.

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