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TRIBUNA DI STORIA MILITARE



                    Caddero  come  eroi  e  consapevoli  vittime  del  loro  dovere  il  Brigadiere  a
               Cavallo  Luigi  Maccia,  i  Carabinieri  a  cavallo  Luigi  Castagna,  Florio  Rappieri,
               Antonio Sessini, Giuseppe Sassella, Tommaso Ciaccio, Orazio Buzzanga, Carmelo
               Di Salvi, Salvatore Mameli, Giovanni Armano, Sebastiano Morale, Rosario Galipò,
               Santo Treccani, Giovanni Bria, Stefano Praga, ed i Carabinieri a piedi Francesco
               Caria, Giovanni Lazzarini, Ferdinando La Greca, Giuseppe Tarulli. Ne ricordiamo
               il nome affinché il loro personale valore sia bene inciso nell’opinione pubblica di
               oggi quale esempio della fedeltà e dell’onore militare dell’Arma.
                    L’orrore continuò ancora per qualche giorno quando i corpi di quei poveri
               giovani Carabinieri furono interrati, senza cristiani funerali, in due fosse comuni,
               mentre  la  mafia  locale  recava  un’ultima  offesa  al  loro  eterno  riposo.  Soltanto
               dopo otto anni, nel dicembre del 1874, i resti dei carabinieri assassinati saranno
               seppelliti in camposanto dopo una celebrazione religiosa presieduta dall’Arciprete
               Balletta, mentre già nel mese di ottobre la Civica Amministrazione di Misilmeri,
               ad opera del Sindaco Vincenzo Sparti, aveva infranto il muro della dimenticanza
               deliberando un cippo a memoria della vita stroncata di questi Servitori dello Stato
               cui, davanti in basso, fu apposta una lapide con la seguente motivazione: “qui i
               prodi militari caduti nella ribellione del settembre 1866 riposano”, e nel retro “il
               Municipio di Misilmeri pose. Anno 1874”.
                    Essi, comunque, non rimasero invendicati perché lo stesso Comandante
               della  Stazione  dei  Carabinieri  di  Misilmeri,  Maresciallo  d’alloggio  a  cavallo
               Girolamo Grimaldi, aveva individuato i responsabili di questo criminoso ecci-
               dio e, insieme col Maresciallo dello Stato Maggiore della Legione di Palermo
               Gaetano Valentino, catturò qualche tempo dopo nel quartiere della via Calderai
               di Palermo, i fratelli Ciro e Antonio Pisa, il primo sacerdote di 46 anni e il
               secondo avvocato di 38 anni, assicurandoli alla giustizia .
                                                                     (13)
                    Ben  presto,  prima  della  fine  del  1866,  severe  sentenze  del  Tribunale
               Militare colpirono i responsabili dei crimini contro i Carabinieri di Misilmeri e
               della contigua Ogliastro .
                                      (14)

               (13)  Cfr. Generale C.A. Arnaldo FERRARA, op. cit., pagg. 50-51.
               (14)  “Il 15 novembre fu pronunciata la sentenza contro i fratelli Francesco e Cosimo Lo Bue di
                    Misilmeri responsabili degli incendi di Ogliastro del 19 settembre e per avere istigato la folla
                    alla strage contro le forze dell’ordine. Furono condannati alla pena capitale, commutata poi
                    in ergastolo e nel 1869 a venti anni di detenzione. Con loro condannati a varie pene i misil-
                    meresi Giannone e Di Martino. Il processo del 17 novembre, sempre per direttissima, e con
                    pochissime possibilità di contraddittorio, vide imputati diciotto popolani misilmeresi, fra cui
                    un sacerdote e due monaci, con l’accusa di tradimento, incitamento alla violenza contro lo
                    Stato e le forze dell’ordine, per ricettazione e per aver invaso e saccheggiato la locale caserma
                    dei Carabinieri, Tommaso ROMANO, op. cit., pag. 152). Sui fatti di Ogliastro leggasi inoltre
                    l’interessante lavoro di Santo Lombino, Il grano e l’ogliastro.

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