Page 164 - Rassegna 2018-4
P. 164

TRIBUNA DI STORIA MILITARE



                    Quantunque l’assenso del Brigadiere Taroni e dei suoi uomini possa sor-
               prenderci, quel ripiegamento fatto in quei termini e in quei modi fu certamente
               sofferto ma è ragionevole comprendere che tale decisione fu presa versando in
               uno stato di necessità, senza altre sicure informazioni e confidando nella buona
               fede del suggerimento di un consiglio che sembrava amichevole ma che era
               intriso di slealtà provenendo, al contrario, da una Guardia Nazionale propensa
               ad allontanare da Marineo i Carabinieri Reali di Vittorio Emanuele II.
                    Sulla strada del ritorno ad Ogliastro il 19 settembre il plotone dei dieci
               Carabinieri cadde, - in contrada Roccabianca - in una imboscata tesa da nume-
               rosi ribelli armati. È legittimo sospettare che questa vile operazione messa in
               atto dai rivoltosi fosse stata organizzata dietro precise informazioni circa il tra-
               gitto preso da Taroni. Nonostante fossero stati sorpresi, subito i Carabinieri
               Nicola  Bacileo,  Francesco  Catgiu,  Mauro  Di  Molfetta,  Francesco  D’Urso,
               Nicola Flocchini, Gaetano Gargiullo, Pietro Panizza, Michele Pastori, Antonio
               Prato e Luigi Tettamanti, obbedendo all’ordine di Taroni, si disposero in ordine
               sparso ed ingaggiarono un serrato conflitto a fuoco contro i rivoltosi che li ave-
               vano circondati con il determinato scopo di annientarli.
                    Per via dell’inferiorità numerica e senza armi adeguate, quel plotone subì
               la perdita dei Carabinieri D’Urso e Gargiulo che, entrambi feriti, rimasero stac-
               cati  dal  gruppo  cercando  la  rispettiva  salvezza  l’uno  verso  Vallelunga  l’altro
               verso Corleone, mentre il Brigadiere Taroni e la parte residua dei Militi, che tra-
               sportavano  il  collega  Catgiu  ferito  a  morte,  tentarono  di  salvarsi  ripiegando
               verso il paesino da cui precedentemente erano usciti per il servizio di pattuglia-
               mento.
                    Quella speranza di salvezza si rivelò tuttavia vana perché una volta che
               Taroni e il Carabiniere Panizza erano riusciti a rifugiarsi nella casa di colui che
               era stato sei anni prima l’esponente di punta del Comitato rivoluzionario del
               1860, reputando di essere finalmente al sicuro per sé stessi e per assistere il loro
               compagno d’arme, il tumulto di una folla violenta e minacciosa, invece, reclamò
               dal padrone di casa, il notabile e possidente Camillo Romano, la loro consegna.
                    Risulta accertato che quel presunto patriota che era il padrone di casa si
               rifiutò di aiutare il Brigadiere Taroni a difendere i commilitoni Catgiu e Panizza
               non  volendogli  dare  il  fucile  che  egli  possedeva  nella  propria  abitazione.
               Terrorizzato  per  la  propria  incolumità  e  sostenuto  anche  dal  Capitano  della
               Guardia  Nazionale,  Del  Lungo,  dal  Sindaco  Mosca  e  dal  notaio  Vincenzo
               Benanti, il Romano persuase i Militari a sloggiare da casa propria per ripararsi
               in locali più muniti quali potevano essere quelli della Guardia Nazionale o, al
               piano di sopra, quelli degli uffici del Comune.


               162
   159   160   161   162   163   164   165   166   167   168   169