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LA RIVOLTA SICILIANA DEL ‘SETTE E MEZZO’
Per di più, il Sindaco e tutti i notabili presenti nell’abitazione di Camillo
Romano, dopo avere assicurato che avrebbero trasferito il moribondo
Carabiniere Catgiu nella sede sopra indicata, imposero al Brigadiere Taroni di
lasciare ad essi la propria pistola per placare la folla, garantendogli in compenso
una sicura protezione lungo il trasferimento, ma il Carabiniere Panizza, saggia-
mente diffidando della loro sincerità, non cadde nella trappola di quelle buone
promesse e prese la via della fuga per raggiungere da solo il corpo di guardia
della Guardia Nazionale conservando nascosta la propria pistola nelle tasche
interne del vestito civile che aveva dovuto indossare. Subito dopo alcuni uomini
armati condussero colà il corpo quasi esanime del Carabiniere Catgiu, che spirò
appena un’ora dopo.
Come accade spesso nelle situazioni in cui la violenza intimidatrice collet-
tiva raggiunge un acme così tanto acuto da incutere uno sconfinato terrore su
uomini dal carattere imbelle e pronti a far diventare merce di scambio la vita
altrui per la propria, i notabili di Ogliastro esposero quei valorosi Carabinieri al
rischio di fungere da predestinate vittime sacrificali pronte per essere date in
pasto alla rabbia della gente.
Non è difficile comprendere il senso dello sbigottimento che dovette
riempire l’anima di ciascuno di quegli inermi Carabinieri traditi da coloro che
essi ritenevano essere leali cittadini di una Italia unita così tanto desiderata e
sostenuta dai gruppi dei borghesi e dei popolani contro il regime dei Borbone.
Lo sconforto che dovettero provare i quattro Carabinieri durante il tragitto che
li conduceva verso la loro Stazione sotto le spinte, le gragnole dei pugni e il cal-
cio dei fucili di una massa ebbra di onnipotenza non dovette invero essere
molto dissimile dal dramma umano di un Profeta disarmato che percorreva
tanto tempo fa la via del Calvario sotto una pesante Croce. Anche il Brigadiere
Taroni non fu risparmiato, essendo stato brutalmente ferito alla testa dal calcio
del fucile del capopopolo Michelangelo Manfré.
Con eccezionale coraggio quei Militari riuscirono però a ricongiungersi
con gli altri colleghi che già stavano nel corpo di guardia e tutti insieme si bar-
ricarono al suo interno. Il Brigadire Remigio Taroni provò allora a lanciare da
una finestra un ultimo appello ma gli furono indirizzati colpi di arma da fuoco
accompagnati da urla che inneggiavano alla Repubblica e da spallate contro la
porta di ingresso.
Impugnando l’unica pistola che Panizza aveva conservato, Taroni abbatté
Matteo Lo Piccolo, che era uno dei più animosi rivoltosi, mentre gli altri rivoltosi
che seguivano su per le scale uccisero i Carabinieri Di Molfetta e Pastori infie-
rendo barbaramente sui loro corpi, trascinati e sotterrati in aperta campagna.
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