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MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI



                    In  proposito,  tuttavia,  si  rende  necessario  specificare  che  la  Corte  di
               Cassazione italiana, nella sentenza Bosco , ha ritenuto “manifestamente infon-
                                                      (11)
               data la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettere a) e b),
               del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, per violazione dell’art. 117 Cost. in rappor-
               to all’art. 7 CEDU e all’art. 1 del Protocollo 1, alla luce dei principi contenuti
               nella  sentenza  della  Corte  EDU,  Grande  Camera,  23  febbraio  2017,  De
               Tommaso c. Italia, in quanto, alla stregua dell’interpretazione della disciplina
               relativa alle misure di prevenzione emergente dalla giurisprudenza della Corte
               di Cassazione, l’iscrizione del proposto in una categoria criminologica tipizzata
               può aver luogo sulla base, non già di meri sospetti, bensì esclusivamente di un
               giudizio di fatto che ricostruisca le condotte materiali del medesimo, onde suc-
               cessivamente valutarle ai fini della verifica della sua pericolosità sociale, con la
               conseguenza  che  la  legge  interna  non  incorre  in  alcun  difetto  di  chiarezza,
               determinatezza, precisione e prevedibilità degli esiti applicativi, integrante un
               vizio di qualità avente rilievo convenzionale” .
                                                           (12)
                    Non volendosi attardare oltre sulla giurisprudenza italiana ed europea in
               materia di misure di prevenzione, per dar contezza di quanto sostenuto nell’in-
               cipit del presente commento (Summum ius, summa iniuria), occorre sottolinea-
               re che la sentenza “De Tommaso” è stata resa nonostante la misura di preven-
               zione del Tribunale di Bari fosse stata successivamente annullata dalla Corte di
               Appello di Bari. La Corte di Strasburgo, dunque, si è sostanzialmente pronun-
               ciata, censurando la legge italiana in materia di misure di prevenzione, su un
               provvedimento annullato (e dunque non più esistente nel momento in cui veni-
               va adìta) andando oltre le sue competenze e in violazione di quanto prescritto
               dalla Convenzione di Roma del 4 novembre 1950.
                    La Convenzione, infatti, al suo art. 35, fra le condizioni per la ricevibilità
               del ricorso prescrive, fra l’altro, il previo esaurimento dei mezzi di ricorso inter-
               no e la necessità che “il ricorrente non [abbia] subito alcun pregiudizio impor-
               tante, salvo che il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai
               suoi Protocolli esiga un esame del ricorso nel merito e a condizione di non
               rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato
               da un tribunale interno” (art. 35, comma 3, lett. b).
                    Quanto al previo esaurimento dei mezzi di ricorso interno, è appena il caso
               di rilevare che i detti mezzi erano stati esauriti per la semplice constatazione della
               impossibilità di ricorrere in Cassazione in ragione dell’avvenuto annullamento
               del provvedimento da parte della Corte di Appello.

               (11)  Cass., Sez. I, 15 giugno 2017, n. 349.
               (12)  Cfr. F. BASILE, Tassatività delle norme ricognitive della pericolosità nelle misure di prevenzione, cit., pag. 6.
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