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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI
Oggi è indubbio che il mutamento del contesto economico e degli scenari
competitivi, mette in crisi il modello classico dell’Organizational Development
(orientato al lungo periodo, fondato su una concezione fortemente evolutiva,
incrementale del cambiamento organizzativo) che, perdendo i suoi caratteri ori-
ginali, si “ibrida” con esigenze di breve periodo e di radicalità di interventi. In
realtà, le esigenze di rinnovamento aziendale e di ripristino di livelli adeguati di
efficienza ed efficacia per mantenere aggiornata la capacità di rendersi coerenti
con l’ambiente di riferimento vengono affrontate con azioni fortemente orien-
tate ai processi e all’apprendimento, ponendo l’accento sulla centralità delle per-
sone (si pensi agli approcci alle risorse umane basati sulla gestione delle com-
petenze oppure al dibattito intorno alla learning organization), lasciando presagire
“nuove prospettive” e un ritorno a un approccio di tipo “clinico”.
Per gestire un cambiamento così rapido e così intenso è necessario che,
nella definizione delle strategie e nell’operatività quotidiana, la dimensione tem-
porale si coniughi con la ricerca di pro attività continua. Occorre acquisire la
capacità di saper leggere tempestivamente, in un’ottica di breve, di medio e di
lungo periodo e in uno sforzo necessariamente sistemico, tutte (o molte) le
variabili che impattano sul funzionamento aziendale.
A mio avviso le possibilità che tale processo possa avere successo può
essere analizzato secondo tre dimensioni:
• strategia di cambiamento (incrementale e radicale, laddove la fondamentale
differenza tra le due risiede nel presupposto di continuità o discontinuità su cui
si fonda l’intervento);
• modalità di cambiamento, che a mio giudizio si fonda in modo precipuo
sulle modalità e tempi di comunicazione dello stesso;
• intensità del cambiamento che esprime il livello di shock, disorientamento e
discontinuità creati all’interno dell’intera organizzazione.
Se da un lato l’ottimizzazione della coerenza tra strategie, strutture, perso-
ne e processi o l’implementazione di ridotte modifiche incrementali (tipiche di
una strategia di cambiamento vocata all’adattamento) sono relativamente sem-
plici da gestire, in quanto processi compatibili con l’organizzazione esistente,
dall’altro i periodi di trasformazione richiedono competenze distintive specifi-
che (essendo le re-creations ritenute le modalità più rischiose, e le re-orientations
quelle più sfidanti), capaci di riorientare i comportamenti delle persone.
Ma dove nasce l’esigenza di “cambiare”? È indubbio che l’esigenza di cam-
biamento nasca da un processo “sociale” di definizione e misurazione dei risul-
tati, che sono funzione delle attese degli stakeholder primari e secondari (ovvero
il management, la proprietà, le istituzioni finanziarie e sociali, nonché i dipendenti).
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