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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI




             con  il  consenso  riscosso  dall’organizzazione  proprio  nel  paese  di  Maniero,
             Campolongo maggiore, in provincia di Venezia. Maniero sorse insomma inopi-
             natamente (ma con un certo successo) dalle viscere criminali dalla società vene-
             ta . In mezzo stanno due fattispecie intermedie. La prima variante è quella della
              (101)
             progressiva ibridazione. Ossia del processo che porta un gruppo, originariamente
             non  mafioso,  ma  “semplicemente”  fuorilegge,  ad  adottare  e  interiorizzare  il
             metodo mafioso. Per vicinanza e contaminazione con uno o più gruppi mafiosi,
             e/o perché scopre nel proprio contesto la straordinaria efficacia di quel metodo
             per conquistare i mercati su cui già opera in modo illegale. In tal caso si possono
             assumere a riferimento due clan camorristici di Napoli, quelli dei Contini e dei
             Licciardi, partiti come importanti “magliari” e commercianti di abbigliamento per
             diventare a tutti gli effetti importanti esponenti di camorra. Scrive nel suo studio
             Luciano Brancaccio: “Numerosi collaboratori di giustizia fanno riferimento ai
             Licciardi come a una famiglia storica di magliari, attiva nel settore ben prima del-
             l’ascesa nel panorama criminale cittadino”. E ancora: “La contabilità relativa a
             questi guadagni spettava a Maria Licciardi ed al fratello Pierino che, originaria-
             mente, era un vero e proprio magliaro e che successivamente invece cambiò vita
             e divenne anche lui capo dell’organizzazione” . Infine vi è appunto il caso di
                                                         (102)
             Ostia, che non sembra ricadere in nessuna delle tre tipologie precedenti. Qui sem-
             bra di potere parlare di uno sviluppo per evoluzione sul campo, ma con sposta-
             mento  territoriale  (non  dunque  come  nel  caso  di  Maniero  o  dei  Licciardi-
             Contini). Il metodo viene adottato perché se ne respira la presenza e si coglie pro-
             gressivamente la possibilità di praticarlo in proprio, in rappresentanza di nessun
             altro fuorché se stessi, certo tenendo conto dei propri legami di coalizione e di
             parentela con soggetti omologhi.
                  Gli attori criminali dunque possono essere ritenuti autoctoni perché hanno
             sviluppato sul posto le loro abilità e strategie. Ma non sono, in senso stretto, dei
             nativi. Questa peculiarità, la fondamentale estraneità al ciclo del cemento o ai mer-
             cati “legali”, la centralità del mare, la particolare identità settoriale degli imprendi-
             tori locali, l’appartenenza dei luoghi alla Capitale, l’ubicazione del territorio all’in-
             terno del potenziale “pieno di Stato”, creano, nel loro straordinario insieme, il caso
             di Ostia. Dove, per questo, tutto (o meglio “molto”) appare diverso. Così come,
             simmetricamente, tutto per decenni è apparso diverso a chi ha contribuito a con-
             fezionarlo e a consentirlo. Perché pensava che la mafia fosse un’altra cosa.


             (101) In proposito si veda ARIANNA ZOTTAREL, Mafia del Brenta. La storia di Felice Maniero e del Veneto
                  che si credeva innocente, Melampo, Milano, 2018; Monica ZARNETTA, La resa. Ascesa, declino e pen-
                  timento di Felice Maniero, Baldini, Castoldi e Dalai, Milano, 2010.
             (102)LUCIANO BRANCACCIO, I clan di camorra. Genesi e storia, Donzelli, Roma, 2017 (corsivi degli autori).
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