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LA MAFIA A OSTIA. QUANDO TUTTO APPARE DIVERSO



                    A questo progetto, sia chiaro, i clan partecipano a titolo diretto. Tutti i
               maggiori clan hanno puntato ad acquisire il controllo o la proprietà di almeno
               un  lido.  I  Fasciani,  come  detto,  hanno  gestito  il  “Village”,  verso  cui  hanno
               dimostrato di nutrire un interesse strategico, se è vero che non si sono arresi
               nemmeno al suo sequestro, rientrandovi per ben due volte attraverso società
               intestate a prestanome. Mentre gli Spada hanno acquisito la gestione del lido
               “Orsa Maggiore” mimetizzandosi in una anomala società di cui facevano parte
               il cognato di Armando Spada, la moglie di un ex ufficiale della Marina e il fra-
               tello di un allora consigliere municipale .
                                                     (91)
                    Una partecipazione imprenditoriale, dunque. Ma soprattutto una parteci-
               pazione di potere, nel senso che i clan hanno offerto la loro forza di persuasione
               e dissuasione all’intero sistema, alle complessive esigenze di quella cittadella turi-
               stico-balneare che nella sua illegalità finiva per essere comunque il volto presen-
               tabile e mondano di Ostia, monumento alla sua “buona società” e al suo spirito
               d’impresa. Se i clan si fossero “limitati” a spartirsi pacificamente o conflittual-
               mente i traffici di droga, essi non avrebbero acquisito la legittimazione sociale di
               cui sono comunque arrivati a godere prima del noto incidente televisivo.
                    Non  avrebbero  avuto  modo  di  costruire  progressivamente  relazioni  di
               convivenza e buon vicinato (92)  con la parte più potente dell’imprenditoria locale,
               appunto gli imprenditori balneari. E non avrebbero beneficiato dell’ideologia
               difensiva dietro cui hanno potuto per anni ripararsi, secondo la quale “a Ostia
               la  mafia  non  esiste”,  alimentata  e  condivisa  da  organizzazioni  di  categoria,
               stampa locale, e associazioni varie.

               (91)  Da notare che tale lido era gestito in precedenza da un’altra società, esclusa dallo stabilimento
                    con  motivazioni  pretestuose  dall’allora  dirigente  dell’Ufficio  tecnico  del  X  Municipio.
                    (Tribunale di Roma, Ordinanza di custodia cautelare, 2013, n. 54911/12, pag. 23). Più esat-
                    tamente  la  decisione  era  stata  presa  dal  dirigente  dell’Ufficio  tecnico  e  UOAL  (Unità
                    Organizzativa Ambiente e Litorale) del X Municipio, al quale gli Spada si erano in preceden-
                    za rivolti chiedendo, in realtà, un chiosco (“Ce de devi da’ er chiosco di quelli che avemo
                    ammazzato noi”, citato in FEDERICA ANGELI, A mano disarmata, cit., pag. 13 e pag. 17), come
                    dimostrato dall’inchiesta “Cosa nostra beach” del 2014. Allo stato, tutti i protagonisti della
                    vicenda sono sotto processo. Che dietro la proprietà ci fossero gli Spada è stato raccontato
                    dalla giornalista Federica Angeli, recatasi allo stabilimento con due cameramen, e minacciata
                    nel frangente da Armando Spada (FEDERICA ANGELI, op. cit., pag. 29).
               (92)  L’espressione “buon vicinato” non indica necessariamente una frequentazione diretta. Ma
                    una disposizione ad agire entro una medesima - seppur ampia - sfera di rapporti, che può
                    portare per più strade all’incontro diretto. In proposito si ricordano le relazioni del patron
                    del  Porto  Mauro  Balini  (la  cui  famiglia  gestisce  alcuni  stabilimenti,  cfr.  Commissione
                    Parlamentare Antimafia, Relazione conclusiva, 2018, pag. 130) con il narcotrafficante Cleto
                    de Maria (Tribunale di Roma, Ordinanza di custodia cautelare, 2013, n. 54911/12) o il ruolo
                    di intermediario che Renato Papagni avrebbe svolto per conto di Carmine Fasciani con il
                    Dipartimento IX del Comune di Roma, secondo un’informativa della Capitaneria di Porto
                    (GIORGIO MOTTOLA, Gli ostiaggi, REPORT, RaiTre, 7 maggio 2018).
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