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LA MAFIA A OSTIA. QUANDO TUTTO APPARE DIVERSO



                    O che sia infine quella da smuovere e trasportare per realizzare il grande
               business scoperto a fine secolo dalla camorra e poi diventato (di nuovo) appan-
               naggio della ‘ndrangheta, lo smaltimento dei rifiuti .
                                                                (84)
                    Terra comunque. Ed è esattamente su di essa che si stringono - anche - i
               rapporti con le imprese formalmente legali, allorché queste ultime realizzano
               partnership ambigue con le imprese mafiose o si mettono al loro servizio, o vi
               si rivolgono per chiederne i preziosi servizi a basso costo. Non solo terra e
               mafia, dunque. Ma, anche, terra e zona grigia. Con quest’ultima che si annerisce
               quando i soggetti che la popolano siano dediti consapevolmente e sistematica-
               mente allo svolgimento di attività criminose .
                                                          (85)
                    Ebbene, nella vicenda di Ostia questa centralità della terra sembra defilar-
               si, anche se non scompare del tutto. Viene confermato il rapporto dei clan, nella
               loro successione storica, con il territorio. Il quale, con le sue agglomerazioni e
               precarietà  abitative,  li  nutre,  quasi  li  evoca.    Vi  si  sottomette  e  li  protegge.
               Riconosce loro la giurisdizione a cui lo Stato abdica. Ma, ecco il tema, i clan non
               accumulano ricchezze dettando i piani regolatori, che anzi storicamente prece-
               dono la loro ascesa; non si impegnano nell’edilizia, non governano il ciclo del
               cemento; e neppure gestiscono lo smaltimento dei rifiuti. Nemmeno immagi-
               nano opere pubbliche grandi o piccole per le proprie imprese. Fanno di Ostia
               un grande mercato di stupefacenti a cielo aperto, al punto da attrarre letteratura
               e cinematografia .
                               (86)
                    Praticano estorsioni e usura. E lo stesso controllo del territorio, inteso
               come fonte di profitti o di relazioni sociali, come banco di prova del potere, si
               esalta su una risorsa che non è la terra ma è il mare. Il mare, con la sua dimen-
               sione fascinatrice, con il ruolo simbolico che gioca nell’immaginario romano dei
               consumi di massa.
                    È il mitico “affaccio sul mare” della capitale d’Italia a costituire il fonda-
               mento della loro “missione”. Ed è la capacità di controllo dell’accesso all’acqua,
               delle spiagge, a fondare la loro legittimazione sociale. Sul mare si architettano,
               qui sì, specifici “piani regolatori”.

               (84)  Sul tema è paradigmatico il materiale raccolto da MARTA CHIAVARI in La quinta mafia, Ponte
                    alle Grazie, Milano, 2011.
               (85)  Sull’opportunità di non utilizzare il concetto di zona grigia di fronte a fenomeni di criminalità
                    economica non mafiosa (rientranti piuttosto a pieno titolo nella black economy), si veda recen-
                    temente MAURIZIO CATINO, Colletti bianchi e mafie. Le relazioni pericolose nell’economia del Nord
                    Italia, in Stato e mercato, 1, aprile 2018, pagg. 149-187. L’Autore ha ulteriormente sviluppato
                    questa tesi nell’ambito della lezione tenuta presso il Dottorato in Studi sulla criminalità orga-
                    nizzata dell’Università degli Studi di Milano il 2 luglio 2018.
               (86)  Si veda per tutti il bellissimo film (vincitore del premio David di Donatello 2016), Non essere
                    cattivo, di CLAUDIO CALIGARI, ambientato appunto a Ostia.
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