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LA MAFIA A OSTIA. QUANDO TUTTO APPARE DIVERSO



                    Quelle e non altre. Da cui l’orientamento, che nella amministrazione della
               giustizia si fa paradossale, ad anteporre la tradizionale definizione storico-socio-
               logica di mafia alla definizione, assai più generale ed elastica, stabilita dal diritto:
               quella cioè tracciata dall’articolo 416-bis, che prevede - per riconoscere l’asso-
               ciazione mafiosa - esclusivamente l’esistenza di intimidazione, omertà e assog-
               gettamento, senza riferimento alcuno a riti di affiliazione, dinastie storiche o
               codici particolari.
                    Ebbene, che a Ostia si sia realizzato appunto un clima di intimidazione,
               omertà  e  assoggettamento  nei  confronti  di  pezzi  consistenti  della  comunità
               appare evidente dalle ricostruzioni investigative citate in queste pagine, oltre
               che dalla estrema reticenza dei testimoni in sede processuale o dalla rinuncia
               delle vittime a costituirsi parti civili. Ma va anche aggiunto che nei fatti è stato
               pure  verificato  il  ricorrere  dei  più  esigenti  requisiti  del  modello  sociologico:
               controllo del territorio, rapporti di dipendenza personali, esercizio della violen-
               za nella regolazione dei conflitti, rapporti organici con la dimensione politica .
                                                                                         (95)
                    D’altronde, come detto, vi è tutta una storia locale a spiegare questi caratteri.
               Nel senso che le prime forme di criminalità organizzata ostiensi si sono costituite
               proprio intorno a esponenti del tradizionale modello mafioso, i Triassi, legati a
               una  delle  famiglie  siciliane  allora  più  potenti  al  mondo,  quella  dei  Caruana-
               Cuntrera. E sul terreno da loro predisposto, poi ben rassodato dalla Banda della
               Magliana (a sua volta in rapporti diretti con la più classica mafia siciliana), si è suc-
               cessivamente realizzato l’innesto fatidico: quello dei gruppi criminali provenienti
               dall’Abruzzo e da Roma. Poi il contesto più ampio ha fatto la sua parte.
                    I nuovi gruppi hanno valorizzato a dovere le caratteristiche sociali e abi-
               tative del quadro urbano in trasformazione e hanno imparato nel tempo a pra-
               ticarvi il metodo mafioso, disponendo delle risorse militari, mentali e ambien-
               tali per riuscirci. E alla fine si sono imposti. Come è accaduto in tutte le aree
               non tradizionali a partire dagli anni Novanta; da quando cioè le varie organiz-
               zazioni criminali, la ‘ndrangheta per prima, hanno messo a frutto il declino di
               Cosa Nostra. Il che è avvenuto in una situazione ricca di analogie con le altre
               aree a rilevante ma non tradizionale presenza mafiosa. Si è qui cercato di ricor-
               darle. Anzitutto, la corruzione amministrativa, che ha causato più volte inter-
               venti politici “dall’alto” sulla vita istituzionale di Ostia e che si è dimostrata,
               anche in questo caso, benzina essenziale per la macchina di abusi, di illegalità e
               di violenza guidata dai clan.
                    In proposito va semmai aggiunto che la rete corruttiva si è avvalsa a Ostia,
               in modo particolare, della classica legislazione “funzionale”.

               (95)  Nando DALLA CHIESA, La convergenza, op. cit., cap. 3.
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