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L’ORDINE EUROPEO D’INDAGINE NELLA PROSPETTIVA DEL DIRITTO PENALE SOSTANZIALE
Resta aperta, per contro, l’applicazione del canone della proporzione alle
residue attività investigative oggetto dell’ordine fra le quali, espressamente pre-
viste, il trasferimento temporaneo della persona detenuta o internata, l’audizio-
ne audiovisiva o in teleconferenza, l’acquisizione di informazioni e documenti
presso banche o istituti finanziari, operazioni sotto copertura, intercettazioni,
acquisizione di dati inerenti a comunicazioni telefoniche o telematiche, seque-
stro probatorio. quali che siano i criteri deputati a guidarne il riscontro, è
comunque lecito attendersi disparità nell’interpretazione del principio di pro-
porzione, data la perdurante assenza di un corpo unitario o almeno omogeneo
di legislazione sostanziale.
Basti pensare, sotto questo profilo, a quanto variabile possa essere, dal-
l’uno all’altro sistema, una qualsiasi nozione di reato “bagatellare”, che, come
tale, conduca a escludere o sconsigliare il ricorso all’o.e.i.; oppure all’estrema
differenza negli ordini di priorità che ciascun ufficio requirente segua nella sele-
zione dei reati da perseguire.
Sono forse queste le ragioni - o parte delle ragioni - che hanno suggerito
di utilizzare il principio di proporzione come garanzia “fievole” nel senso che
l’eventuale difetto di proporzione, benché ravvisato dall’autorità giudiziaria
dell’esecuzione, non osta all’esecuzione dell’o.e.i., ma vale ad indicare la prefe-
ribile scelta di attività o modalità di indagine meno invasive o onerose.
2. Ambito operativo dell’ordine europeo d’indagine
Da una diversa angolazione, l’esigenza di fissare l’ambito operativo
dell’o.e.i. attraverso la determinazione dei “fatti” che ne consentano l’emissione
chiama in causa, come avvenne oltre dieci anni fa per il mandato di arresto euro-
peo, il problema della “doppia incriminazione”, cioè della previsione del fatto
come illecito penale sia dalla legge dell’autorità di emissione che da quella del-
l’autorità di esecuzione sollevando nuovamente l’interrogativo sui limiti entro i
quali sia consentito prescinderne, sì da legittimare un’attività d’indagine, nonché
il ricorso a strumenti indubbiamente compressivi dei diritti della persona che vi
sia sottoposta, per accertare fatti che la legge italiana non preveda quali reati.
È sufficiente, in effetti, un cursorio raffronto con la Legge n. 69/ 2005, di
attuazione della decisione quadro sul mandato di arresto europeo (“m.a.e.”),
(2002/584/Gai del Consiglio, del 13 giugno 2002), per cogliere nel Decreto
Legislativo n. 108 del 2017 un atteggiamento recessivo, quanto alla pretesa di
“garanzie” per il destinatario del provvedimento prova forse dell’emergere di
nuove culture, propizie al commiato da stagioni ritenute, a torto o ragione,
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