Page 158 - Rassegna 2018-2
P. 158
TRIBUNA DI STORIA MILITARE
Un ricordo vivido era quello dedicato dunque a tre dei suoi primi colla-
boratori di un tempo oramai lontano, caduti nell’adempimento del dovere,
combattendo contro soldati tedeschi che stavano vessando la popolazione.
Nelle parole di Dalla Chiesa non c’è acredine né apologia, ma la volontà di
mantenere viva la testimonianza di quegli uomini che, in pace e in guerra,
hanno mantenuto fede al proprio carisma laico di tutelare i cittadini contro
angherie e soprusi.
Il Generale, poi, volle ringraziare pubblicamente i suoi maestri di vita e di
servizio. È molto interessante segnalare come non si accenni unicamente ai
propri superiori ma, anche in questo caso, si tratta di un ringraziamento collet-
tivo che abbracciava virtualmente anche il padre: “per quanti sempre e poi mi
hanno insegnato, oltre che donato, oltre che dato […] e nel tempo avanzano i
miei maestri cui rivolgo un deferente memore pensiero, perché non dovrei dire
grazie anche a mio padre per avermi dato la fede e gli alamari.
Oggi dico quindi a lui e ai tanti maestri ed a tanti a tutti i collaboratori che
a migliaia e a migliaia in questo momento mi si affollano […] la mia immensa
gratitudine, il mio grazie più convinto”.
Le parole del generale, ancora una volta, non erano parole di circostanza,
ma provenivano dal profondo dell’anima e la sua riconoscenza accomunava i
maestri, il padre e i collaboratori che egli vedeva dinanzi a sé in un pantheon di
uomini semplici, per lo più oscuri, capaci di trasmettere un sapere profondo,
quello che un poeta dell’Arma anni prima aveva definito “l’anima del
Carabiniere” .
(32)
Questi uomini, e solo questi, rappresentavano, nel giudizio dell’ufficiale,
“le vestali dell’Arma, e perché non dovrei considerare loro, e soltanto loro”,
quali veri tutori del fuoco sacro dell’Arma e non, invece, quelli che ritenevano,
ingiustamente, “di essere ess[i] solo la vestale dell’Arma”.
I primi figuravano dunque come un riferimento al quale egli, l’ultimo gior-
no in divisa, intendeva che il suo uditorio, composto anch’esso di Carabinieri,
avesse chiaro; si trattava di un messaggio limpido, senza circonlocuzioni, che
intendeva bandire idealmente chi non aderiva a tali principi o si limitava a
dichiararsi tutore intransigente di un ideale in forma ostentata o, addirittura,
senza averne titolo.
A chiarimento, sottolineava poco dopo “qui non sarei e, qui tutti non
saremmo, se loro non ci avessero preceduto e non sarebbe onorato, beneaugu-
rato il dovere compiuto”.
(32) LUCIANO MERLO, L’anima del carabiniere italiano - sonetti, odi, conferenze, Firenze,
Tipografia Passeri, 1914.
158