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LA RESPONSABILITÀ INTERNAZIONALE PER GLI ILLECITI COMMESSI DAL PERSONALE
                 IMPEGNATO ALL’ESTERO IN MISSIONI DI PEACEKEEPING ALLA LUCE DELLA PRASSI


                    Essi, pertanto, possono essere processati nell’ambito di eventuali procedi-
               menti condotti dai tribunali penali militari o anche in sede civile, a seconda delle
               specifiche  previsioni  costituzionali  e  legislative  dello  Stato  contributore .
                                                                                         (96)
               Come si è già avuto modo di notare, però, siffatti procedimenti non sempre
               sono avviati dalle autorità dei Paesi di invio competenti a conoscere le ipotesi
               di reati commessi all’estero dalle proprie truppe.
                    Ciò precisato, nel diverso caso di procedimenti di natura privatistica pre-
               sentati alle Nazioni Unite, la casistica mostra che le istanze più comuni riguar-
               dano quelle per danni derivanti da occupazione e uso coattivo di locali, lesioni
               personali, espropriazioni, nonché danni derivanti dall’ordinario funzionamento
               delle forze di peacekeeping o da operazioni di combattimento .
                                                                         (97)
                    In ogni caso, una serie di ostacoli impedisce di invocare con successo la
               responsabilità delle Nazioni Unite per violazione dei diritti umani, tra cui la
               mancanza  di  giurisdizione  ratione  personae  nei  confronti  dell’ONU.  Infatti,
               anche se la condotta illecita delle forze di peacekeeping potrebbe fondare un ricor-
               so giurisdizionale in base al diritto interno dello Stato ospitante, il regime gene-
               rale di immunità dalla giurisdizione delle Nazioni Unite costituirebbe una bar-
               riera insormontabile per un giudice nazionale.
                    A tal fine, la già citata sez. 29 della Convenzione sui privilegi e le immunità
               delle Nazioni Unite cerca di mitigare gli effetti pregiudizievoli che l’immunità
               potrebbe avere sui terzi, richiedendo all’Organizzazione di istituire un meccani-
               smo di risoluzione delle controversie civili di cui l’ONU sia parte.
                    Sul punto, sebbene sia ormai parte di una pratica consolidata regolare sulla
               base del SOFA applicabile qualsiasi procedimento per danni arrecati a terzi, il
               modello cosiddetto “SOFA ONU” prevede anche l’istituzione di una commis-
               sione permanente (Standing Claims Commission) destinata a pronunciarsi sulle
               controversie civili su cui lo Stato ospite non abbia giurisdizione .
                                                                             (98)

               (96) - Per quanto concerne le pertinenti norme della legislazione italiana, nel più generale contesto
                    delle recenti modifiche apportate alla disciplina del personale militare e civile italiano impegna-
                    to nelle missioni internazionali, si rinvia al recente contributo di A. DE GUTTRY, la legge 21 luglio
                    2016, n. 145: “Disposizioni concernenti la partecipazione dell’italia alle missioni internazionali…”, cit.,
                    spec. il par. 5.
               (97) - U.N. Doc. A/51/389, par. 3.
               (98) - Model status-of-forces agreement, cit., par. 51.

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