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OSSERVATORIO DI DIRITTO INTERNAZIONALE


                        Come anticipato, il perseguimento dell’obiettivo politico di garantire mag-
                  giore sicurezza produce due significative conseguenze di natura giuridica.
                        La prima conseguenza determina una limitazione del sindacato dei giudici
                  (in particolare di quelli di Strasburgo) sugli atti dei governi. Da un canto, Stati
                  come Francia, Ucraina e Turchia, per ragioni diverse ma con lo stesso obiettivo
                  di rafforzare la propria sicurezza, hanno scelto di derogare ex articolo 15 agli
                  obblighi imposti dalla Convenzione di Roma ed anche il Regno Unito sta valu-
                  tando tale possibilità con riguardo alle operazioni militari condotte oltreconfi-
                  ne; dall’altro, la Convenzione di Roma sarà modificata dal Protocollo n. 15 che
                  richiamando espressamente la sussidiarietà della Corte europea rispetto a quelle
                  nazionali e la dottrina del margine nazionale di apprezzamento modificherà l’at-
                  tuale equilibrio sulla base della convinzione (esplicitata nella Relazione illustra-
                  tiva) che il giudice nazionale sia, in linea di principio, «better placed than an
                  international court to evaluate local needs and conditions» e di quella (implicita
                  per alcuni Stati parte e, in particolare, per il Regno Unito) che l’interpretazione
                  giurisprudenziale  della  Convenzione  quale  “strumento  vivente”  abbia  nel
                  tempo ampliato eccessivamente la tutela dei diritti umani rispetto alle intenzioni
                  dei “costituenti” del 1950.
                        La seconda conseguenza determina invece un più frequente ricorso al
                  formalismo piuttosto che al funzionalismo nell’interpretazione ed applicazione
                  del diritto. Alcune norme e politiche recentemente adottate o proposte a livello
                  europeo in materia di gestione dei flussi irregolari sembrano infatti allontanarsi
                  dal tipico e precedente funzionalismo incardinato sul reality on the ground test.
                  Anzi, per certi versi, queste norme e politiche sono quasi “costrette” a distac-
                  carsene nella misura in cui la celerità e la semplificazione delle procedure di
                  asilo e rimpatrio, da un canto, e la cooperazione con gli Stati terzi, dall’altro,
                  diventano i principi e i criteri fondamentali delle politiche di gestione dei flussi
                  irregolari.
                        Celerità e semplificazione, infatti, mal si conciliano con l’esame approfon-
                  dito e onnicomprensivo delle situazioni reali e personali richiesto dal reality on
                  the ground test per individuare un eventuale real risk di violazioni dei diritti umani
                  e sono invece più garantite da una interpretazione delle norme più attenta alla
                  lettera che allo spirito delle stesse.


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