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OSSERVATORIO DI DIRITTO INTERNAZIONALE
La situazione di conflitto armato attorno alla base priva i detenuti di un
diritto fondamentale che è invece riconosciuto ai detenuti di Guantanamo
(anche) in ragione della situazione di pace ivi esistente: e ciò nonostante gli uni
e gli altri, indipendentemente da ciò che avvenga oltre il muro delle rispettive
prigioni, si trovino nell’identica situazione di totale assoggettamento al control-
lo degli Stati Uniti. Le sentenze Eisentrager, Boumediene e Al Maqaleh dimostrano
quindi come la stessa situazione sia diversamente regolata in punto di diritto
(ampliando o limitando la tutela dei diritti fondamentali) in forza di una valuta-
zione formalistica delle relative circostanze di fatto.
Con riguardo alla portata applicativa del divieto di refoulement, la Corte
suprema statunitense (ma anche le Corti britanniche e australiane) sin dalla sen-
tenza Sale del 1993 ritenne non applicabile il divieto oltre i confini nazionali
legittimando così la prassi di respingere i richiedenti asilo prima del loro arrivo
alla frontiera (ad esempio, in alto mare o in aeroporti stranieri prima della par-
tenza) .
(6)
Anche in questo caso, quindi, la Corte suprema scisse l’esercizio del pote-
re dall’applicazione del diritto: la lettura territoriale del divieto - del tutto anti-
tetica rispetto a quella extraterritoriale dell’UNHCR e delle Corti europee -
evita infatti la sua applicabilità ovunque lo Stato agisca.
Con riguardo infine alle assicurazioni diplomatiche (diplomatic assurances)
richieste prima di consegnare uno straniero a Stati ove sussista il rischio concre-
to che subirà gravi violazioni dei diritti fondamentali (tortura, pene o trattamen-
ti inumani, etc.), gli Stati Uniti si limitano a chiedere allo Stato la mera promessa
formale che alla persona verrà garantito un «appropriate human treatment»
(6) - La Corte approvò l’Executive Order del Presidente Bush che negava l’applicazione dell’art. 33,
par. 1, della Convenzione di Ginevra del 1951 alle persone che non erano in territorio statu-
nitense sulla base di una lettura formalistica secondo cui il termine «return» ivi contenuto si
riferiva «to the defensive act of resistance or expulsion at the border rather than to transport-
ing a person to a particular destination» (NORTH, Extraterritorial Effect of Non-refoulement, Paper
presented at the International Association of Refugee Law Judges World Conference, Bled
(Slovenia), 7-9 September 2011). Pur ammettendo che questa lettura strettamente territoriale
dell’art. 33, par. 1, avrebbe potuto violare lo spirito della Convenzione, la Corte comunque
ritenne che un trattato non potesse imporre «uncontemplated extraterritorial obligations on
those who ratify [and] because the text of Article 33 cannot reasonably be read to say anything
at all about a nation’s actions toward aliens outside its own territory, it does not prohibit such
actions».
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