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ELEMENTI DI CONVERGENZA DEL MODELLO DI SICUREZZA EUROPEO VERSO IL
                   MODELLO STATUNITENSE NELLA GESTIONE DEI FLUSSI MISTI IRREGOLARI


                     In tale ottica gli articoli 6 (Diritto a un processo equo) e 13 (Diritto a un ricorso
               effettivo) della Convenzione di Roma e l’articolo 47 (Diritto a un ricorso effettivo e a
               un giudice imparziale) della Carta di Nizza sono applicati rigorosamente e inter-
               pretati estensivamente. L’effettività della tutela è il principale criterio giuridico
               per  valutarne  il  rispetto  ed  accertare  la  sussistenza  di  un  fair  trial o  remedy.
               Neanche gli obblighi imposti dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza pos-
               sono prevalere, disapplicandola, sulla tutela dei diritti umani garantita dai siste-
               mi giuridici europei. Nella sentenza Al-Jedda del 2011 la Corte di Strasburgo
               riconobbe la primazia delle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza solo quando
               rispettose dei diritti umani e ferma restando la perdurante applicabilità della
               Convenzione di Roma.
                     Nella sentenza Kadi del luglio 2013 la Corte di Lussemburgo ritenne che
               un Regolamento dell’Unione non fosse immune dal controllo giurisdizionale
               anche quando si limitasse a recepire, senza alcun margine di discrezionalità, l’in-
               serimento nella black-list di un individuo deciso dal Comitato delle sanzioni del
               Consiglio di Sicurezza e rivendicò dunque il diritto di garantire il controllo giu-
               diziale (in linea di principio, il pieno controllo) sulla legittimità di qualunque atto
               dell’Unione rispetto alla tutela dei diritti fondamentali (nel caso di specie, il
               diritto alla difesa e il diritto ad un’effettiva protezione giudiziale). Ed ancora, nel
               caso Abu Qatada deciso nel 2012, la Corte di Strasburgo vietò l’estradizione
               dalla Gran Bretagna alla Giordania di un cittadino giordano in ragione del «real
               risk» che prove ottenute con la tortura fossero ammesse e utilizzate nel succes-
               sivo processo così violando l’articolo 6 della Convenzione di Roma.
                     Un protocollo d’intesa tra i due Stati già garantiva il rispetto degli articoli
               3 (Divieto di tortura) e 5 (Diritto alla libertà e alla sicurezza) della Convenzione nel
               corso del processo e della detenzione in Giordania ma, affinché l’estradizione
               fosse approvata dalla Corte di Strasburgo, fu necessario emendarlo includendo
               tra i diritti protetti anche l’articolo 6.
                     Nel complesso si può ritenere che l’approccio statunitense al tema della
               sicurezza si fondi su un minore, o comunque diverso, controllo dei giudici sugli
               atti del Governo e, come si vedrà nel par. 2, su una interpretazione ed applica-
               zione  formale  (se  non  quando  formalistica)  piuttosto  che  funzionale  delle
               norme sostanziali e procedurali dell’ordinamento giuridico.


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