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STUDI GIURIDICO-PROFESSIONALI



                    Lasciamo quindi Parigi e Torino e spostiamoci a Bristol, in Marlborough
               Street. Magari con una pinta di Guiness.
                    Proprio in quella strada si trova il Bristol Royal Infirmary. Il nosocomio fu
               costruito  ed  inaugurato  nel  1735  per  essere  poi  ristrutturato  all’inizio  del
               Novecento su iniziativa di un comitato cittadino che si produsse in una prege-
               vole raccolta di fondi. Vi lavorò, per una decina d’anni dell’Ottocento, James
               Cowles Prichard, un fisiologo e psichiatra della scuola di Edimburgo. Prichard
               fu il più noto teorico della “insanità morale” nel comportamento umano. Per certi
               versi, fu colui che segnò l’inizio degli studi sull’agito umano incastonato tra i
               versanti della salute mentale e della condotta socio-etica abnorme e che ancora
               oggi sono assai dibattuti, in particolare nelle aule di Giustizia dei sistemi di
               Common Law.
                    L’insanità morale di Prichard è una entità nosografica in cui egli calò - per
               svilupparne lo studio e migliorarne l’osservazione - la mania senza delirio di Pinel
               e la monomania affettiva ed impulsiva di Esquirol.
                    Con un lavoro del 1835 (“Trattato sull’insanità ed altri disturbi che affliggono la
               mente”) Prichard diede una prima definizione di ciò che intendeva con “insanità
               morale”: “follia consistente nella morbosa perversione dei sentimenti naturali, dell’affettività,
               del temperamento, delle inclinazioni, dei presidi morali, degli impulsi naturali, senza apprez-
               zabili disordini o deficienze negli interessi, nella comprensione o nella ragione, ed in particolare
               senza allucinazioni o illusioni”.
                    Assegnò alla patologia così disegnata alcuni gradi di severità, in ordine cre-
               scente,  tutti  collocati  in  seno  alla  più  ampia  dimensione  della  “patomania”  o
               “parapatia”, seguendo l’orma didascalica di Pinel.
                    La definizione, nel corso dei decenni successivi, si offrì a diverse critiche,
               soprattutto per le aggettivazioni a corredo che sembravano indirizzarsi più al
               “buon vivere”, all’etica sociale, che non alla asettica nosografia e semiotica psi-
               cologica e psichiatrica.
                    Ciò ebbe una iniziale non trascurabile conseguenza sul piano della valuta-
               zione della sanità di mente nelle aule giudiziarie dell’Inghilterra del tempo.
                    Nel 1842, infatti, Prichard - pervaso come era nelle sue convinzioni - rila-
               sciò “Sulle differenti forme di insanità, in relazione alla giurisprudenza, ad uso delle persone
               cui è richiesto parere circa la salute mentale”.

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