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PRELIEVO COATTIVO E ACCERTAMENTO SU DNA UN ATTENTO E DELICATO
BILANCIAMENTO TRA TUTELA DELLA LIBERTÀ PERSONALE ED ESIGENZE DI GIUSTIZIA
Ancora, non meno importante il ruolo assunto dalla prova del DNA nella
pronuncia della Cassazione sul caso Amanda Knox e Raffaele Sollecito (35) per l’omi-
cidio della studentessa Meredith Kercher avvenuto nel 2007 a Perugia, nella
quale emerge che un posizione centrale nel processo è stata assunta proprio da
due tracce di DNA ritrovate sul gancetto del reggiseno della vittima e sul col-
tello della cucina sequestrato nell’abitazione del Sollecito.
Infine, è interessante considerare il contributo fornito dalla prova del
DNA in relazione alla cattura di quello che era considerato l’uomo invisibile,
ossia “il Capo dei capi” della mafia siciliana, Bernardo Provenzano, arrestato
dopo una latitanza di oltre quarant’anni.
Nonostante una serie di voci legate ad un suo probabile decesso, fu pro-
prio grazie ad una analisi del DNA condotta in gran segreto che fu possibile
confermare non solo che il boss fosse ancora in vita, ma che continuava ad
essere il mandante di tutti gli atti criminosi compiuti dal clan .
(36)
I casi sopra menzionati, che rappresentano solo alcuni dei momenti giudi-
ziari nei quali la prova genetica ha assunto un ruolo determinante, pongono
quindi in rilievo una serie di aspetti tecnici specificamente legati alla prova del
DNA, sottolineando sempre la necessità di ricorrere, ad ogni modo, a tecniche
affidabili.
Non va dimenticato, difatti, che si tratta pur sempre di un elemento pro-
batorio valutabile dal giudice, il quale deve poter spiegare perché quella deter-
minata prova risulti o meno convincente.
(35) - Cass. pen. sent. n. 36080/2015.
(36) - Nel 2006, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia si scoprì che Provenzano
si era fatto ricoverare in una clinica di Marsiglia sotto falso nome. La descrizione del paziente
era compatibile con l’immagine ricostruite dalla Polizia sulla base delle sembianze recenti del
boss, utilizzando l’unica immagine disponibile risalente al 1963.
A questo punto, venne estratto il DNA dal campione istologico conservato presso la clinica
Marsigliese e venne in seguito effettuata l’analisi del cromosoma Y, del DNA mitocondriale
e dei marcatori STRs autosomici. I profili così ottenuti furono confrontati con quelli del fra-
tello di Provenzano fino ad ottenere conferma del fatto che il paziente ricoverato sotto falso
nome ed il fratello del boss erano imparentati sia in linea materna che paterna. Il finto
paziente, quindi, era proprio il boss.
Questo caso è citato come esempio da G. NOVELLI, I. PIETRANGELI, Nuove frontiere e tecniche
di analisi del DNA, capitolo contenuto in M. PICOZZI, A. INTINI, op. cit.
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